Il canto della terra 20 febbraio – 11 aprile 2025 | Repetto Gallery, Lugano
Il canto della terra
A cura di Paolo Repetto
20 febbraio – 11 aprile 2025 | Repetto Gallery, Lugano
Opere di: Giovanni Anselmo, Mirella Bentivoglio, Joseph Beuys, Alberto Burri, Gianni Caravaggio, Daniele De Lonti, Olafur Eliasson, Hamish Fulton, Mario Giacomelli, Piero Gilardi, Andy Goldsworthy, Michael Heizer (fotografie di Gianfranco Gorgoni), Michelangelo Pistoletto, Richard Long, Ana Mendieta, David Nash, Ernesto Neto, Giuseppe Penone, Alessandro Piangiamore, Arcangelo Sassolino, Robert Smithson (fotografie di Gianfranco Gorgoni), Barthélémy Toguo, James Turrell, Laura Viale.
Composizione musicale appositamente realizzata da Luciano Zampar.
Repetto Gallery è lieta di annunciare Il canto della terra, una mostra a cura di Paolo Repetto, realizzata nell’ambito del festival diffuso “L’Uomo e il Clima”, che esplora l’intimo e complesso rapporto tra l’essere umano e il mondo naturale in un percorso visivo che ne celebra l’eterna danza, guidandoci in un percorso artistico dove la materia si fa tela e l’arte diventa eco dei sussurri del vento, del fremito dell’acqua, del respiro della terra. In un’epoca di crescente urbanizzazione e distacco dalla natura, le opere degli artisti presentati in mostra ci invitano a riflettere sulla nostra connessione ancestrale con la terra, sulla nostra responsabilità verso l’ambiente e sulla bellezza intrinseca del paesaggio naturale. Riconoscere l’interdipendenza e il valore intrinseco di tutte le forme di vita diviene il presupposto irrinunciabile per riscoprire, come afferma il curatore nel testo critico della mostra, «La natura come immensa superficie, immensa creta, con la quale, sulla quale lavorare. “L’opera d’arte non è più la rappresentazione pittorica di un paesaggio, bensì il paesaggio stesso.” (Gerry Schum)».
Al centro della mostra troviamo le sperimentazioni della Land Art, con esempi emblematici quali Spiral Jetty (Molo a spirale) di Robert Smithson (1938 – 1973) e Double Negative (1969) di Michael Heizer (b. 1944), fotografati da Gianfranco Gorgoni (1941 – 2019), lavori che hanno alterato significativamente il paesaggio scavando, scolpendo o costruendo, ridefinendo il tradizionale concetto di scultura. Artisti come Richard Long (b. 1945) e Hamish Fulton (b. 1946) delineano invece l’ambiente in modo sottile, incorporando il cammino come uno strumento di riflessione per denunciare una società che è ormai alienata dal mondo naturale.
L’iscrizione del proprio corpo nell’ambiente naturale sono tematiche centrali anche nel lavoro dell’artista di origine cubana Ana Mendieta (1948 – 1985) e dell’artista camerunese Barthélémy Toguo (b. 1967). L’innesto umano che si naturalizza nei processi vegetali è proprio anche del movimento dell’Arte Povera e di artisti italiani quali Giovanni Anselmo (1934 – 2003) e Giuseppe Penone (b. 1947). Alberto Burri (1915 – 1995) e Piero Gilardi (1942 – 2023) riflettono anch’essi su tali tematiche attraverso la metaforica rappresentazione di tranci di paesaggio, mentre Laura Viale (b. 1967) accoglierà queste riflessioni nella propria pratica che lo stesso Gilardi definì come «un’esperienza di estroversione attraverso l’ibridazione con la natura».
La natura e l’atto di cura nei confronti del pianeta sono inoltre gli elementi tangenti nella ricerca dell’artista verbovisiva Mirella Bentivoglio (1922 – 2017) e che Michelangelo Pistoletto (b. 1933) riconosce come la responsabilità primaria che la società umana deve assumersi.
Tra gli artisti italiani delle generazioni successive. che hanno fatto propria la riflessione conflittuale tra l’essere umano e il contesto che lo circonda troviamo Arcangelo Sassolino (b. 1967), Gianni Caravaggio (b. 1968) e Alessandro Piangiamore (b. 1976), i quali rendono visibili l’inevitabile e violento scontro tra artificiale e naturale, nei loro aspetti percepibili e impercettibili. Riflessione accolte anche dall’inglese David Nash (b. 1945)
Se la scultura rappresenta il medium privilegiato di questi artisti, Mario Giacomelli (1925 – 2000), James Turrell (b. 1943) e Daniele De Lonti (b. 1959), diventa uno strumento di indagine sulle forme e le irregolarità della superficie terrestre, catturando sia la morfologia spontanea del paesaggio sia le trasformazioni imposte dall’azione antropica nel tempo.
Tra i più impegnati artisti internazionali, Joseph Beuys (1921 – 1986), Olafur Eliasson (b. 1967) ed Ernesto Neto (b. 1964), hanno fatto proprio l’obbiettivo di risvegliare le coscienze rispetto alla crisi climatica e al problema ecologico, trasformando la pratica artistica in una narrazione politica e ambientale.
Ad arricchire ulteriormente il percorso espositivo, la mostra ospita Diluvio in Dissolvenza, un’opera sonora appositamente realizzata dal musicista Luciano Zampar.
In un inno alla rigenerazione, l’esposizione celebra il ritorno alla terra come un richiamo primordiale, invitando il visitatore a riconsiderare il proprio ruolo e a riconoscere la sua responsabilità nella custodia della natura, celebrandone la meraviglia e il mistero. Una selezione di opere che mette in dialogo i pionieri dell’arte ecologica con artisti mid-career, con l’obiettivo di aprire la strada a una futura esposizione dedicata alle nuove generazioni, affinché siano i giovani artisti a dare voce al loro personale canto della terra.
Si ringraziano vivamente i prestatori, gli artisti, gli archivi, le gallerie per il loro sostegno nella realizzazione della mostra e le professionalità storico-critiche per i contributi testuali.
Informazioni:
Il canto della terra
a cura di Paolo Repetto
20 febbraio – 11 aprile 2025
Orari: lunedì – venerdì 9.00-17.00
Via Clemente Maraini 24, Lugano, Svizzera