Assemblea AITI presieduta da Fabio Regazzi:
Prospettive economiche 2017
• Rafforzamento della congiuntura, iniziato già nel 4. trimestre del 2016, trainato anche da una leggera ripresa economica dei paesi della zona euro e agli Stati Uniti
• Il settore chimico-farmaceutico e la meccanica di precisione trascinano le esportazioni / dinamica positiva per gli altri settori
• Riserve di lavoro tra 3-6 mesi / ordini in aumento
• Farmaceutico investe in Ticino 500 milioni di franchi nei prossimi 3 anni. Altri rami industriali prevedono investimenti, anche se più contenuti
• L’onda lunga del franco forte causerà nuove difficoltà: alcune aziende devono ricorrere all’orario di lavoro ridotto, altre sono confrontate alla chiusura o a profonde ristrutturazioni
Dal discorso del presidente:
“La politica la smetta di parlare alla pancia”
È per me un piacere potervi dare il benvenuto a questa 55ma Assemblea AITI. Filo conduttore della mia relazione è la tendenza sempre più marcata, sia del mondo politico, sia sindacale e in alcuni casi anche economico, a voler far credere che conta di più quello che la pancia della gente percepisce o le viene comunicato, vero o falso poco importa, che spiegare le diverse sfaccettature di un medesimo problema, che una pancia digerirebbe con difficoltà. È innegabile che nella pancia dell’opinione pubblica si annidano umori e malumori, disagi e insoddisfazioni, critiche e risentimenti che, molto spesso, hanno concrete fondamenta e che non devono essere in nessun modo trascurati e snobbati. Allora, senza necessariamente ignorare le pulsioni emotive che scuotono questo cantone, ai politici come ai dirigenti di azienda, dobbiamo avere il coraggio di chiedere di ascoltare soprattutto la ragione.
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1. I fatti: un 2016 difficile, un 2017 probabilmente migliore,
2. La questione del rispetto della legalità,
3. Il temuto ritorno delle politiche neo-protezionistiche o “primanostriste”,
4. Il fascino dei falsi miti o delle fake news e il loro rovescio: il bisogno di una truth economy.
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In pochi anni l’economia svizzera ha conosciuto una rivoluzione: da 1.50 franchi per euro a circa 1.10 franchi per euro. Siamo sopravvissuti a questo cataclisma e continuiamo a guardare al futuro con la speranza di rafforzare la nostra competitività.
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Difficile poter contare su margini di guadagno migliori quest’anno e nel 2018. Difficile immaginare molte nuove assunzioni nelle nostre imprese. Come dimostrano tutti gli indicatori le aziende più in difficoltà sono proprio le piccole e medie imprese, cioè la gran parte dell’economia ticinese.
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il mondo economico ha avuto più occasioni per esprimere perplessità, se non addirittura sconcerto, di fronte a decisioni politiche che sono in contrasto con le leggi, il diritto superiore e gli accordi internazionali sottoscritti dalla Svizzera e sostenuti dal popolo svizzero in votazione a diverse riprese.
Il non rispetto della legalità va – purtroppo – di pari passo con l’accentuarsi della burocrazia; allo stesso modo dei cittadini che hanno paura di perdere il posto di lavoro, anche l’amministrazione ha paura di fare errori e così si barrica dietro la costruzione di leggi e regolamenti che applica pedissequamente con un rigore quasi maniacale.
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3. Il temuto ritorno delle politiche neo-protezionistiche e “primanostriste”
Rivolgendomi alla testa dei cittadini li invito a diffidare delle ricette che si propongono di ergere muri e barriere alle frontiere e a riconoscere che protezionismo e dazi non hanno mai sortito, sul medio e lungo termine, alcun vantaggio economico per le nazioni e i loro cittadini. A maggior ragione in un paese come il nostro, povero di materie prime, che deve fare leva necessariamente sull’intelligenza e il sapere delle persone, sulla propria grande capacità competitiva, sullo spirito imprenditoriale e l’innovazione tecnologica. Il nostro è un paese che vive d’esportazione, non possiamo dunque permetterci di sigillare i nostri confini.
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E’ chiaro che un’azienda sopravvive e cresce economicamente se sa andare al di là delle sue normali capacità di funzionamento (Note redazionali: il senso di questa effermazione va capita a fondo e fa temere il peggio!)
Purtroppo per una parte del sindacato, flessibilità suona ancora solo come una parola blasfema. Su questo fronte mi aspetterei maggiore apertura da parte dei rappresentanti sindacali: un irrigidimento eccessivo nuocerebbe alle aziende e di riflesso agli stessi lavoratori che dichiarano di voler difendere.
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4. Il costo dei falsi miti e il bisogno di una truth economy
“Alcune persone vedono un’impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com’è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante”.
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Il falso mito della responsabilità oramai diffusa dei frontalieri riguardo a un andamento economico che si vuole solo leggere come negativo. Quello di un “primanostrismo” assurto a mantra per giustificare il falso mito che solo con la priorità data agli indigeni risolveremo il problema della disoccupazione. Un dibattito che ha fatto scorrere fiumi di inchiostro e generato importanti costi a carico dei contribuenti per produrre il nulla o quasi (come ad esempio una proposta per una norma di legge, che vuole impedire a Banca Stato o all’AET di assumere frontalieri…).
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Se la verità ha un valore che non si può quantificare, anche la falsità non scherza: ore di lavoro, incontri, riunioni, analisi, note nel tentativo – non sempre riuscito – di contrastare alcuni dei falsi miti elencati, e le loro conseguenze negative.
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Vi invito anche ad essere trasparenti verso i collaboratori, di superare pregiudizi e false notizie, per motivare l’origine delle decisioni difficili che devono a volte essere prese, di coinvolgere le maestranze nei sacrifici ma pure nei successi dell’azienda: in definitiva, come amo ripetere, siamo tutti sulla stessa barca.