Durante una breve conferenza stampa di Federviti, ci è stato comunicato che la stagione qualitativamente è positiva. Le tematiche sul tavolo sono parecchie, e si ripetono da anni. Il Covid19 ha certamente acutizzato alcuni temi, come una certa sovrapproduzione e il prezzo di acquisto delle uve sempre al ribasso a fronte di costi produttivi sempre maggiori. Un tema questo dei costi e della vendita che si ripete da anni, e sembra che in risposta a continui proclami di vendita di vini locali, in particolare nei ristoranti sul territorio, la rispondenza non sia unilaterale. I produttori di vino, dopo due mesi di “fermo” obbligatorio, hanno nella globalità ca. 1 milione e mezzo di bottiglie prodotte e non vendute. Una cifra enorme se consideriamo il nostro territorio. Una filastrocca che ascoltiamo da anni e che sembra sia allo stallo per vari motivi, non da ultimo proprio il Covid19. Ma non ci si deve nascondere dietro al virus, perché sono i temi di attualità da decenni. Viticoltori eroici di montagna, contro viticoltori del piano. Professionisti del vino contro amatori del vino. Produzioni limitate ad uso personale e di una stretta cerchia di amici e produttori che devono trovare sbocchi di vendita per garantirsi la sopravvivenza stessa dell’azienda e loro. I viticoltori, dopo il Lookdown, che parolaccia, hanno proposto i loro prodotti ai ristoratori con uno sconto importante. Non ci è dato da sapere se questo sconto è andato a beneficio della clientela dei ristoranti o meno. Guardando certi listini non sembra. Ma tutti questi cerottini non servono a molto se non a limitare i danni nell’immediato. La viticultura, in Ticino stà ottenendo risultati di eccellenza con vini degni di nota. La qualità va anche pagata anche solo per il rispetto del lavoro fatto. Dietro ad una bottiglia di vino si nasconde “tanta roba”. Il sudore del viticoltore, molte famiglie impiegate nel settore, l’amore e l’emozione di creare un prodotto vivo, la consapevolezza di essere ambasciatori di un territorio straordinario come il Ticino e tanto altro. Quando acquistiamo un bottiglia di vino di casa nostra diamo un po’ di respiro a tutta la rete che ci permette di versare in un bicchiere questo nettare e chiudendo gli occhi, gustare tutto il sapore della nostra storia e cultura. Ma detto questo i problemi sono grandi e di difficile soluzione. Le produzioni eroiche sono anche un passaporto turistico del territorio, ma poi vi deve essere tutta la filiera turistica che si avvia a favore non solo del vino ma di NOI. Inutile che ci vengano a dire che stanno discutendo, che tout va bien madame la marquise, non è vero, siamo ancora legati a compartimenti stagni, dove Locarno non è Lugano, dove le valli non sono il piano, dove il dialetto in Leventina è incomprensibile in valle di Muggio, dove ognuno fa i conti in tasca propria non vedendo la globalità delle risorse. In questo contesto di problematiche, vi è la peggiore delle stesse: il dopo Covid19 ci mostrerà il peggio dell’imprenditoria in generale e alcuni saggi li stiamo già vivendo ora; a nome della redditività e produttività molte aziende ticinesi stanno operando delle ristrutturazioni che in italiano significa licenziamento di residenti per assumere magari personale a costi inferiori o ancora più grave peggiorare condizioni di lavoro per i lavoratori che restano. Queste aziende che hanno già iniziato questo processo di razionalizzazione, sono le stesse che hanno ricevuto aiuti economici a fondo perduto per pagare gli stipendi. Per favore un appello al Governo molto debole contro i forti: chi licenzia da qui ad un anno deve ritornare allo Stato tutto quanto ha ricevuto!
Questa situazione che vi abbiamo descritto causa un impoverimento ulteriore della popolazione, con un potere d’acquisto sotto i piedi, tali da no permettere di pagarsi una buona bottiglia di vino ticinese. Questi sono i problemi.
Il Governo ha sicuramente fatto la sua parte in tanti settori, va loro riconosciuto, ma forse ha voluto fare troppo e nel caso dei buoni per i pernottamenti o per le consumazioni ai ristoranti ha tralasciato, nella fretta e sicuramente in buona fede, di dare questi aiuti in maniera mirata e non discriminatoria. I buoni per i pernottamenti ai Ticinesi negli alberghi Ticinesi è, a mio modesto giudizio, poco vincente, forse un’operazione simile dovrebbe essere stata fatta a livello Nazionale. Il buono dato ad ogni residente del valore di fr 25.- per ogni consumazione serale e superiore ai 40 fr è molto laborioso e poco efficace per il sostegno del regionalismo e dei suoi prodotti. Magari se lo stesso era definito valido solo in caso di una consumazione tipicamente ticinese e solo se accompagnato da un bicchiere o bottiglia di vino Ticinese, avrebbe favorito quei ristoratori che del Km zero hanno fatto una loro ragione di vita e inoltre favorito un maggiore smercio di prodotti locali, come il Vino che né è in assoluto uno dei più ambiti ma non a tutti accessibile.
La tematica per chi scrive è una vecchia tematica di anni, che ritorna sempre ogni anno a “galla” ma che trova tanti tavoli di lavoro ma non tutti gli operatori di settori che si siedono. A tavola ci devono mangiare tutti e solo se tutti si siedono a tavola con l’intima convinzione che il proprio settore può vincere solo se solidale e intrecciato a tutti gli altri po’ avere successo. Altrimenti ci abitueremo ogni anno a sentire le stesse filastrocche e ahinoi, vedere come il nostro prodotto principe del territorio sarà solo una nicchia per pochi, e sarebbe una vera “bestemmia” e una perdita sicura di attrazione fatale che il Ticino ha sempre suscitato nei nostri ospiti e prima ancora in noi stessi. Siamo Ticinesi, amiamo il Ticino e i suoi frutti, ma tutti assieme dobbiamo impegnarci affinché …
Roberto Bosia, dir. ETiCinforma.ch & #fattoreETC, giornalista libero ed indipendente
Faido, 25 agosto 2020