L’11 giugno scorso i cittadini di Lugano si sono trovati nella bucalettere una circolare del dicastero servizi urbani intitolata «Lotta alla flavescenza dorata dei vigneti nel comune di Lugano». La circolare sottolinea l’obbligatorietà della lotta al vettore di questa malattia (la cicalina Scaphoideus titanus), chiede ai cittadini di segnalare quante viti coltivano e dove («al fine di avere un quadro generale della situazione nel territorio del Comune») e riporta nel retro il bollettino n. 21 del servizio fitosanitario cantonale. In quel bollettino si ingiunge di fare il primo trattamento con l’insetticida Applaud tra il 4 e l’11 giugno. (Il ritardo della circolare è evidentemente stato un errore. L’aver mancato il termine implica l’impossibilità di fare anche i prossimi trattamenti secondo il calendario stabilito dai servizi cantonali. Ma succede a tutti di sbagliare, cerchiamo di fare meglio in futuro.)
Si potrebbe discutere a lungo sull’obbligo di intervento legato a un unico prodotto, su un’unica strategia di lotta che esclude altre modalità, così come sul livello di allarme considerato, ma non è questa la sede. In questo caso la città non fa che applicare le direttive cantonali, e i dubbi sulla strategia di intervento andrebbero posti al servizio fitosanitario.
Al Municipio vogliamo invece chiedere le intenzioni per il futuro, sugli interventi di sua competenza.
L’uso di veleni insetticidi, affidato a persone inesperte, come lo sono molti possessori di una pergola o di qualche tralcio di vite, può produrre conseguenze dannose. Per la natura (api in primis). Ma anche per la salute delle persone, quando prodotti pericolosi vengono maneggiati da chi non ne ha l’abitudine. A maggior ragione se, avvisati all’ultimo momento, gli improvvisati lottatori contro la cicalina si mettono affannosamente all’opera per rispettare l’obbligo. Anche economicamente non ha senso che il proprietario di un unico ceppo, dove basterebbe meno di mezzo grammo di prodotto, compri una confezione intera del veleno e gli attrezzi necessari.
In altri comuni si propone ai possessori di poche piante l’intervento di un operatore pubblico (che dovrebbe conoscere bene le dosi, le modalità di intervento, i rischi, eccetera).
Se il trattamento è obbligatorio, sembra ragionevole che il Comune indichi ai cittadini la possibilità di far capo ai servizi comunali e a persone tecnicamente competenti. Al privato costa meno pagare l’intervento di un addetto – munito di prodotto, attrezzatura, e che sta eseguendo questo servizio su tutto il territorio – che cercare di fare da sé.
Chiediamo: In futuro, per interventi potenzialmente pericolosi, il Municipio intende offrire un sostegno (che allo stesso tempo è un controllo) a chi coltiva poche piante in forma amatoriale? Sottoforma di una persona competente da ingaggiare per l’intera operazione?
E – per chi è in grado di fare il trattamento da sé ma ha pochi ceppi – la possibilità di acquistare in comune la miscela pronta, alla giusta concentrazione, nella quantità che serve per il numero di piante da trattare?
Cordialmente Fausto Gerri Beretta-Piccoli – Melitta Jalkanen – Maristella Patuzzi