Per la vendemmia di quest’anno avevo scelto un altro territorio. Mi spiego meglio. In linea di massima da quando seguo per motivi di lavoro il comparto agricolo enogastronomico, ogni anno raggiungo una determinata zona vitata per vivere in prima persona la festa del gioioso raccolto. E così, per mia grande fortuna, da Pantelleria all’Alto Adige, dalla Puglia al Roero, dalla Toscana alla Valpolicella e via dicendo anno dopo anno. Avevo individuato la Valle di Cembra in Trentino ma poi alcuni cambiamenti di programma dovuti alla vita privata mi hanno dirottato su altre terre e altre uve. Che fare? Dimenticarsi dei Cembrani? Assolutamente no! Si cambia data ma non Valle.
Quando arrivo a Cembra siamo ormai a cavallo tra ottobre e novembre, l’uva è in cantina e le foglie delle vigne non sono più verdi ma gialle. La Valle è uno spettacolo meraviglioso, il susseguirsi delle colline vitate e lavorate affascinerebbe anche l’uomo più arido di cuore della storia. I colori autunnali rapiscono lo sguardo e l’attenzione non cade altrove. Si respira la terra, i suoi frutti, il lavoro dell’uomo caparbio e capace.
Sono a pochi chilometri dalla città di Trento e mi muovo ad una altezza che varia dai 600 ai 1000 metri, respiro l’aria fresca a pieni polmoni, percorro i pendi ripidi e soleggiati, lambendo metri e metri di muretti a secco che sostengono la montagna.

Qui il lavoro è fatica e il buon vino costa sacrifici. Ascolto la natura silenziosa che vive. La viticoltura e l’enologia affondano le radici nei secoli, ce lo dicono i reperti archeologici, ma non ci sono solo le vigne. Trovo i boschi, i piccoli laghi, il parco fluviale dell’Avisio, i sentieri, le malghe, l’altopiano di Piné e le Piramidi di Terra di Segonzano. Si tratta di colonne erose che superano i 20 metri di altezza. Non manca nulla per una vacanza indimenticabile.
Ma io sono curioso e goloso, voglio godermi i vini e i sapori di questo lembo trentino. Mara, coordinatrice del Consorzio Cembrani Doc, mi ha preparato un tour che mi consente di conoscere meglio prodotti e produttori, piatti tipici e ristoratori. Le aziende consorziate sono meno di 10 così come meno di 10 mila gli abitanti della Valle, ma i vini e i vitigni sono tanti e particolarmente apprezzabili. il profumato e aromatico Müller Thurgau, la delicata e armoniosa Schiava, l’intenso e presente Pinot Nero e il fresco e profumato Chardonnay ideale per la spumantizzazione. Le bollicine di Montagna. E poi le grappe, vere e di carattere. Trentine, come tutto qui.
Cembrani D.O.C. invece è un consorzio di sette aziende, cinque cantine e due distillerie, per lo più a conduzione famigliare che hanno deciso di mettersi in rete e lavorare insieme per la promozione dell’unicità territoriale della Valle di Cembra, dei suoi agricoltori e delle sue eccellenti produzioni, che racchiudono non solo la passione di intere generazioni, ma anche la storia di un territorio coltivato a vite sin dal IV secolo A.C, come lo testimonia il ritrovamento della Situla sul Doss Caslir a Cembra, scoperta che fa della Valle di Cembra la culla più antica della coltivazione della vite in Trentino. Per dovere di cronaca ricordo che il Termine Cembra deriva dalla presenza del Pino Cembro conosciuto anche come Cirmolo.
Dai vini ai sapori delle ricette tipiche come i canederli serviti con il burro di malga fuso, i ravioli di patate da gustare con gli affettati, i primi piatti con il ragù di cervo o di lepre, il celebre strudel caldo. E poi i formaggi e i salumi, le confetture e gli altri dolci. Una terra bella, armoniosa e accogliente, i vini e i cibi ma anche un altro ingrediente che rende la Valle un piatto della cucina di alto livello: l’ospitalità. Trovo gentilezza nelle cantine, nelle distillerie, negli hotel e nei ristoranti: assaggio, bevo, mangio, chiacchiero con tutti come se vivessi qua da sempre, come se fossi anche io un Cembrano Doc.
Saranno i 700 Km di muretti a secco, le vigne di colore giallo, i profumi e gli aromi dei vini, la freschezza e la briosità della bollicine, che qui sono straordinarie, o forse la bravura delle donne e degli uomini nelle cucine, la capacità di Mara nel portarmi da gente generosa, di certo è che sto bene.
Non ci sono arrivato in vendemmia, ma mi porto ugualmente a casa e nel cuore un piacevolissimo ricordo di un territorio veramente bello, di cose buone davvero e di persone laboriose, serie e amichevoli. Una Valle da vivere e non solo da immaginare, un ardito mosaico di terrazze inerite nel contesto di uno dei paesaggi rurali torici d’Italia.
Fabrizio Salce