Care amiche, cari amici, buona domenica!
Anche questa mattina il sole splende caldo e ci accompagnerà per tutta la giornata. Giornata che probabilmente trascorreremo in parte a Bellinzona dove si svolge la “Rassegna d’autunno e mercato dei formaggi”. Sarà l’occasione per assaggiare oltre i formaggi, tutti quei prodotti locali che ci rendono gustoso l’autunno: vini, dolci, miele, castagne. A differenza di quello che potremmo pensare, l’economia locale e i suoi artigiani necessitano sempre del nostro sostegno e dei nostri acquisti. Per questo rimane fondamentale la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato.
E anche di collaborazione pubblico-privato e cooperazione internazionale si è parlato la settimana scorsa al Simposio della Federazione delle ONG della Svizzera italiana (FOSIT); torneremo su questo importante tema nelle prossime settimane.
Sintesi della settimana ed evoluzione
Apriamo la nostra sintesi settimanale riportando la notizia dell’attribuzione del “quasi” premio Nobel per l’economia. “Quasi” premio Nobel perché la nostra disciplina non rientrava in quelle scelte da Alfred Nobel (fisica, chimica, medicina, letteratura, pace). Il chimico-imprenditore lasciò la sua immensa fortuna, creata principalmente grazie all’invenzione della dinamite, per istituire, quasi paradossalmente, un premio annuale da attribuire a “coloro che, durante l’anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell’umanità”. Probabilmente Nobel non credeva che la nostra scienza triste avrebbe potuto contribuire a questo nobile proposito. Ma perché escludere anche la matematica? Si narra che Nobel proprio prima di scrivere testamento abbia scoperto che una delle sue amanti lo tradiva con il matematico svedese, molto celebre in quel momento, Gösta Mittag-Leffler. E proprio a lui sarebbe andato il primo premio dopo la sua morte. Insomma, oltre al danno anche la beffa! Non sappiamo quanto ci sia di vero in questa storia, ma ci piace pensare che si possano sempre trovare le relazioni tra causa ed effetto. E proprio questa è stata una delle motivazioni che ha indicato l’Accademia reale svedese attribuendo il premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Nobel (creato nel 1969) di quest’anno. I vincitori, David Card e, congiuntamente, Joshua Angrist e Guido Imbens hanno smentito alcune teorie economiche legate al mercato del lavoro, analizzando e svolgendo “esperimenti naturali” e ricerche empiriche (ricerche basate sull’osservazione dei fatti).
E sugli esperimenti e sulle relazioni causa-effetto lavorano sicuramente le aziende farmaceutiche che sviluppano i vaccini e i medicamenti. Questa settimana è entrato in vigore in Italia l’obbligo del certificato Covid (Green Pass) per l’accesso a tutti i luoghi di lavoro del settore pubblico e privato. Le ragioni che hanno condotto l’Italia a una decisione così rigida rispetto agli altri paesi Europei sono sì sanitarie, ma probabilmente anche economiche. Non possiamo dimenticare che l’Italia riceverà nei prossimi anni dall’Unione Europea tra sussidi e prestiti quasi 200 miliardi di euro (il Prodotto interno lordo italiano del 2020 è stato di circa 1’650 miliardi) . E non possiamo nemmeno dimenticare che l’economia italiana ben prima della crisi del Covid era una delle economie che soffriva maggiormente, sia in termini di lavoro che in termini di redditi. Il Paese ha ora l’opportunità reale di tornare a essere una delle più importanti economie mondiali. Ma perché ciò accada non può assumersi nessun rischio aggiuntivo a quelli che già si vedono all’orizzonte, come l’aumento dei prezzi energetici, la scarsità delle materie prime, la crescita dei tassi di interesse, i problemi di approvvigionamento. Insomma, a questo non si può aggiungere nulla, men che meno una quarta ondata pandemica che metterebbe a dura prova il Paese proprio nel momento in cui i dati sulla sua ripresa sono eccezionali. Aumento della produzione, dell’occupazione, dei redditi, delle esportazioni, degli investimenti. Le premesse sono buone, speriamo che si concretizzino.
E di sforzi concretizzati parliamo quando valutiamo l’esito della ricerca che ha portato diverse aziende farmaceutiche a sviluppare i vaccini. Il tema suscita grande dibattito, anche se spesso contraddittorio. Tra qualche giorno saranno presentati i risultati sull’andamento degli affari nel terzo trimestre delle grandi compagnie farmaceutiche. Senza ombra di dubbio, se siete azionisti non ci sarà di che lamentarsi. Al contrario, ci si lamenta e molto sulle politiche che non riescono a far decollare i tassi di vaccinazione nei Paesi poveri e in via di sviluppo. In questi mesi si è parlato molto del prezzo di mercato di gran lunga superiore al costo di produzione come pure dell’idea di togliere il brevetto da questi farmaci (su questo tema ci siamo espressi di recente in questo articolo). Molto meno invece è stato detto su altre questioni. Per esempio, abbiamo letto poco del COVAX (Covid-19 Vaccine Global Access), il programma internazionale fortemente voluto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che avrebbe dovuto consegnare quest’anno 2 miliardi di dosi per le nazioni e le persone più povere. In questo momento siamo ben lontani da queste cifre: sono circa 300 milioni le dosi donate ai Paesi in via di sviluppo (la Svizzera proprio questa settimana ha inviato le sue prime 24 mila dosi, su 4 milioni promesse, di Astra Zeneca in Sierra Leone). In questo caso però non si tratta “solo” di paesi ricchi che non si sono impegnati abbastanza. Su questo ritardo per esempio è pesata la decisione presa in India nel mese di marzo di vietare l’esportazione dei vaccini all’estero per dare priorità al Paese. Divieto questo che dovrebbe venir meno proprio in questi giorni. E ancora, troppo poco si è fatto perché le aziende farmaceutiche vendessero al prezzo di costo i vaccini ai Paesi poveri. Cosa che alcune compagnie si stanno ora impegnando a fare. E poi, che dire del paradosso delle manifestazioni a cui assistiamo proprio in queste ore nei Paesi ricchi dove molte persone manifestano per mostrare la loro contrarietà ai vaccini? Insomma, il tema ci farà riflettere e discutere ancora per molto tempo.
Tempo che passa e che sembra dare sempre più ragione a chi come noi da mesi parla di un pericolo reale di inflazione. In “Novanta franchi per un pieno? L’inflazione è arrivata” vi raccontiamo di quanto successo subito dopo aver inviato la nostra newsletter di settimana scorsa quando siamo entrati per pagare il pieno di benzina all’automobile. E ancora parliamo delle persone che stanno costruendo casa e ricevono brutte notizie dagli architetti: non solo si prospettano aumenti del 30-40%, ma pure grandi ritardi nelle consegne. Dato poi che i mali non vengono mai da soli, fate attenzione anche agli interessi (aumentati) che potreste pagare sull’ipoteca. E se pensate di consolarvi con i regali di Natale …
Trovate qui gli articoli della settimana:
Novanta franchi per un pieno? L’inflazione è arrivata
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Il vaso di Pandora (papers) è stato aperto: non chiudiamo gli occhi!
L’illusione del sostegno duraturo
Caffè e vaccini: a cosa servono i brevetti?
Il traballante mercato del lavoro ticinese – I parte
Il traballante mercato del lavoro ticinese – II parte
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Novanta franchi per un pieno? L’inflazione è arrivata
Il vaso di Pandora (papers) è stato aperto: non chiudiamo gli occhi!
L’illusione del sostegno duraturo
Caffè e vaccini: a cosa servono i brevetti?
Il traballante mercato del lavoro ticinese – I parte
Il traballante mercato del lavoro ticinese – II parte
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
L’economia con Amalia by Amalia1978