Il cliente Ticinese di ristoranti o altri esercizi pubblici ticinesi che decide di uscire a pranzo o cena per mangiare qualcosa nell’ambito di una rassegna gastronomica che vanta l’uso di materie prime “locali”, “del territorio”, “della Valle”, “a km-zero” o altro, è disposto a spendere anche qualche franco in più per sostenere la filiera alimentare Ticinese che è certamente di qualità.
In passato ci sono stati segnalati da attenti consumatori alcuni episodi particolari, come -a titolo di esempio didattico- l’offerta sul menu di “pesce persico fresco del nostro lago” in pieno periodo di divieto di pesca. Le nostre verifiche avevano poi evidenziato che il pesce proveniva dall’Estonia. Certamente episodi singoli che possono tuttavia alla lunga gettare discredito sulla serietà dei promotori e della maggior parte degli osti aderenti a queste rassegne.
Fra gli scopi della legislazione alimentare vi è, oltre a quello della sicurezza del prodotto, anche la tutela del consumatore da inganni o, peggio ancora, da frodi. Questi aspetti sono pertanto regolarmente verificati dall’ispettorato delle derrate alimentari del Laboratorio cantonale, organo esecutore in Ticino della legislazione federale.
La nostra azione durante rassegne gastronomiche non è da intendersi come vessatoria o solo repressiva, ma deve essere vista -oltre che a tutela del consumatore- anche come strumento per promuovere ancora meglio il prodotto Ticinese e generare così importanti ricadute socio-economiche-ambientali positive.
Pertanto, dopo la campagna ispettiva svolta nel 2014 nel Luganese nell’ambito della rassegna “Sapori in liberta”, l’ispettorato delle derrate alimentari del Laboratorio cantonale ha verificato nel 2015 la situazione in ristoranti del Bellinzonese e 3 Valli che hanno aderito alla Rassegna “Maggio Gastronomico”.
Presso una quindicina di ristoratori, oltre ai normali “controlli di igiene”, è stata verificata l’origine di sessanta materie prime su cui “faceva leva” la promozione pubblicitaria sul sito o nella brochure dedita all’evento. Le verifiche dei nostri ispettori hanno mostrato che 9 ristoratori su 10 serviva effettivamente quello che il cliente si aspettava. In un “piccolo” 7% di casi, non trovando la materia prima in Ticino o avendo esaurito le scorte (per il successo del piatto), l’oste ha pensato di ovviare con prodotti provenienti dalla Svizzera. Una non conformità, quella di aver dato informazioni non veritiere al cliente, che avrebbe potuto essere evitata con poco (p.es. una lavagna appesa nel ristorante, un foglio supplementare inserito nel menu, con indicato “Caro cliente, purtroppo chi è arrivato prima di te ha mangiato tutto il nostro ….. Ticinese. Quello che vorrai ricevere nel piatto proviene da ….”). In un 5% dei casi l’esercente ha servito prodotti italiani, in un caso prodotti provenienti dalla UE (non italiani). Nei casi di manifesto inganno si è aperta una procedura contravvenzionale.
Nella foto il piatto di Cazzuola servitoci presso il Crotto dei Tigli a Balerna (Claudio Panzeri)
Note redazionali ETiCinforma.ch:
In qualità di organizzatori di Incontro Gastronomico, con premio e riconoscimento finale, uno dei nostri parametri è proprio quello di verifica della giusta informazione sui prodotti locali, tra l’altro noi chiediamo unicamente l’impiego di materie prime regionali ai ristoratori che partecipano, verificando ogni singolo ristorante con una apposita giuria.