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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Questa è la nostra centocinquantesima newsletter, decisamente un bel traguardo! In tre anni e mezzo abbiamo condiviso e commentato tante notizie economiche e per questo vi sono grata! Vi ringrazio di cuore per le vostre letture, i vostri commenti e i vostri messaggi che non mancano mai: grazie, grazie, grazie! E ora diamo il via alle notizie di questa settimana.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia si dedica questa settimana alla Cina. Ve la ricordate la guerra commerciale che ha tentato di fare l’Unione Europea nei confronti della Cina qualche mese fa? Ne abbiamo parlato anche noi: nel mese di settembre l’Unione Europea ha deciso di aprire un’inchiesta sulle automobili elettriche cinesi con l’intento di verificare se i sussidi dati da Pechino alteravano di fatto la concorrenza a vantaggio dei costruttori cinesi. La soluzione proposta allora per eventualmente compensare questo vantaggio ritenuto illecito, era quella di introdurre un’imposta sulle importazioni di veicoli dalla Cina. Questa misura non è altro che un dazio che esercita un effetto protezionista sul proprio mercato. Il settore dell’auto elettrica è molto importante per la Cina che non a caso è diventata il primo esportatore al mondo. I dati pubblicati qualche giorno fa da Transport&Environment (che è un’organizzazione non governativa che promuove il trasporto sostenibile a livello europeo) sostengono che quasi il 20% delle autovetture elettriche vendute in Europa l’anno scorso è stato fabbricato in Cina. Le loro previsioni per quest’anno parlano di un ulteriore incremento che dovrebbe addirittura arrivare a un’automobile su quattro. Già allora, quando abbiamo commentato la notizia dell’apertura dell’inchiesta da parte dell’Unione Europea ritenevamo le misure europee sbagliate. E i fatti purtroppo ci stanno dando ragione.
In effetti, proprio in questi giorni leggiamo una notizia interessante. Il produttore cinese di auto Chery ha deciso di aprire uno stabilimento produttivo a Barcellona. La stessa azienda ha confermato che la Spagna diventerà uno dei principali produttori con 150 mila veicoli all’anno entro il 2029. Al momento attuale questa azienda con i suoi 1,88 milioni di veicoli elettrici è il terzo produttore in Cina e da sempre il primo esportatore. La nuova produzione iberica avverrà insieme a EBRO, una casa automobilistica che produce pick-up elettrici. A differenza di quanto succede nelle stanze dei bottoni europee, il premier spagnolo Sanchez ha salutato con grande entusiasmo questo nuovo accordo che dovrebbe portare almeno 1’200 posti di lavoro e simboleggiare una reindustrializzazione dell’intero paese. Non a caso, ricorda il premier, la Spagna è il secondo Paese produttore di automobili in Europa e l’ottavo esportatore mondiale. Questo accordo è il terzo che viene siglato da case automobilistiche cinesi che si trasferiscono in Europa (il primo concluso da BYD in Ungheria e il secondo da Nio per la produzione di batterie sempre in Ungheria). Come avevamo preventivamente anticipato, la lotta per il primato sul mercato non può essere vinta con strumenti di cinquant’anni fa. L’Unione Europea per tornare a essere leader mondiale nella produzione, deve ritornare a investire nel lavoro e nell’industria, ricordandosi che solo facendo si può innovare e usufruire del progresso tecnologico. Le leggi e le regole che cercano di mantenere vantaggi in maniera artificiale non servono più in un mondo altamente globalizzato.
E finiamo con un’altra notizia relativa alla Cina. Nel primo trimestre del 2024 il prodotto interno lordo (PIL) cinese è cresciuto di ben il 5.3%. Gli analisti erano già piuttosto positivi perché stimavano una crescita attorno al 4./8 5%; questo secondo gli obiettivi comunicati dal governo cinese a inizio marzo e giudicati da tutti noi troppo ambiziosi. Analizzando nel dettaglio questa crescita emerge che ci sono sicuramente dei segnali che mostrano che la domanda interna nel paese è ancora piuttosto debole. Tra questi possiamo citare l’andamento degli investimenti immobiliari, le vendite al dettaglio e la produzione industriale. In questo caso le aspettative di crescita erano attorno al 5. 4% mentre i dati reali hanno mostrato un aumento “solo” del 4.5%. Dati non troppo incoraggianti si vedono anche per il mercato immobiliare. Non dimentichiamo che questa nazione sta vivendo una grave crisi proprio di questo settore. Diverse volte ne abbiamo parlato anche nei nostri articoli e ancora di recente quando abbiamo commentato il fallimento di Evergrande, colosso immobiliare che ha accumulato debiti per oltre 300 miliardi di dollari. Detto questo, non possiamo non riconoscere l’importante traguardo conseguito calla Cina e non sperare che anche in futuro la crescita prosegua. Non dimentichiamo che tutte le economie sono fortemente connesse, e che quindi dal benessere dell’una dipende anche quello dell’altra.
E infine chiudiamo citando il nsotro articolo “La crisi mondiale si fa sentire anche in Svizzera “in cui abbiamo discusso i dati appena pubblicati sul commercio estero. Purtroppo il primo trimestre del 2024 ha mostrato una certa debolezza registrando in termini nominali esportazioni e importazioni in calo. Nel nostro articolo ricordiamo perché questo dato è particolarmente rilevante nel caso svizzero.
Trovate qui gli articoli della settimana
La crisi mondiale si fa sentire anche in Svizzera
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Ticino: sempre più poveri e infelici
Salari in Ticino: tutti giù per terra
Pensiamo ad una nuova AVS
Ticino terra di bassi salari… per sempre?
Ci sono i disoccupati in Ticino? Sì, no, forse…
Prezzi che salgono e prezzi che scendono…
120 secondi
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La crisi mondiale si fa sentire anche in Svizzera
Ticino: sempre più poveri e infelici
Salari in Ticino: tutti giù per terra
Pensiamo ad una nuova AVS
Ticino terra di bassi salari… per sempre?
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante