www.virusbarometer.ch: è il nome della nuova piattaforma informativa sul tema dei virus e dei possibili quadri clinici correlati. Una volta all’anno l’istituto di ricerca gfs.bern svolge un sondaggio rappresentativo sull’argomento. I primi risultati emersi dallo studio si possono ora scaricare da virusmonitor.ch. È interessante vedere come per il 70 per cento degli intervistati i controlli di salute siano utili e importanti. In caso di quadri clinici delicati il medico di famiglia assume sempre più spesso un ruolo di primo piano.
BERNA – 23 dicembre 2014. Epatite, influenza, ebola, aids – tutte queste malattie sono provocate dalla propagazione di virus specifici nell’organismo umano. Ma quanto ne sa la popolazione svizzera? Tra luglio e agosto 2014 l’istituto di ricerca gfs.bern ha intervistato complessivamente 1’213 persone in tutto il Paese. Le informazioni e l’interesse differiscono notevolmente a seconda della regione linguistica. Sul tema dei virus, in particolare dell’epatite virale, lo studio evidenzia considerevoli lacune nelle conoscenze della popolazione svizzera.
La salute rappresenta un tema centrale, desta grande interesse, anche se è considerata un aspetto privato. In merito alle questioni di salute gli svizzeri vogliono decidere autonomamente e preferiscono l’iniziativa individuale rispetto alle misure, agli obblighi e alle campagne statali. Il medico di famiglia rappresenta una persona di fiducia fondamentale per le questioni di salute, ancora prima del proprio partner. Con chi preferireste parlare in caso di problemi di salute o di questioni delicate? Il 70 per cento degli intervistati si affiderebbe al medico di famiglia. Per il 58 per cento il proprio partner occupa la prima posizione. La popolazione svizzera pensa in generale di godere di buona salute, pur essendo consapevole del possibile pericolo dei virus, considerati tendenzialmente un rischio maggiore rispetto ai batteri. La paura di malattie non contagiose, come il cancro, è nettamente superiore.
Scarsa accettazione di un obbligo di vaccino generalizzato
Secondo l’istituto di ricerca gfs.bern sembra più opportuno modificare l’atteggiamento della popolazione con validi argomenti e non con scelte politiche. Le regole e prescrizioni vincolanti da parte del Consiglio federale potrebbero incontrare qualche difficoltà.
Le opinioni sui vaccini – prevenzione contro i virus – differiscono notevolmente, anche se ben radicate. In merito ai virus e in particolare all’epatite si denotano ingenti lacune nelle informazioni in possesso della popolazione svizzera. Tuttavia tra il dire e il fare l’istituto gfs constata una divergenza in materia di vaccini. Secondo le persone interrogate è importante proteggersi e aggiornare il proprio libretto vaccinale. Il 55 percento dei rispondenti ha riferito che le loro vaccinazioni siano aggiornate. Il 22 per cento rinuncia alla protezione vaccinale consapevolmente, il 21 per cento inconsapevolmente. Rispetto all’estero il 68 per cento degli intervistati pensa che in Svizzera ci si vaccini di più rispetto all’estero.
Per quanto riguarda influenze e pandemie è palpabile un forte scetticismo. Secondo la grande maggioranza degli intervistati le aziende farmaceutiche creano allarmismo per portare avanti la loro attività. Sebbene un obbligo generalizzato sarebbe un’opzione reale solo per pochi, la maggioranza è favorevole al vaccino obbligatoria contro il morbillo per i bambini. La maggioranza considera inoltre la vaccinazione come un atto di solidarietà nei confronti di coloro che non possono farla.
La stragrande maggioranza della popolazione è ormai consapevole che le infezioni HIV, se curate correttamente, non sono più una malattia mortale e che è possibile farsi vaccinare contro diverse forme di epatite. Lo stato delle conoscenze sull’epatite virale denota forti lacune (21 per cento). La disponibilità a sottoporsi al test aumenta considerevolmente se c’è il rischio di aver contratto la malattia. Per promuovere i test in campo virale si devono mostrare chiaramente i rischi della malattia. Tendenzialmente si sarebbe più propensi a sottoporsi ai test per le malattie che si possono influenzare solo in parte con il proprio comportamento personale (cancro, sistema cardiocircolatorio, ecc.).
A chi preferireste affidarvi in caso di diagnosi difficile? La risposta è impressionante. La maggior parte delle persone ne parlerebbe per primo con il medico di famiglia (70 per cento) o con il proprio partner (58 per cento). Agli occhi dei più entrambe le persone godono di fiducia. Al terzo posto, con un distaccato 33 per cento, si posiziona il farmacista. Le informazioni su Internet sono ritenute poco attendibili, anche se si apprezza la facilità di accesso.
Ticinesi ancora più scettici di svizzeri tedeschi e romandi
In linea di massima per le questioni di salute si distinguono tre categorie di persone: gli interventisti, i pragmatici e gli scettici. L’atteggiamento nei confronti dei vaccini è la vera discriminante tra questi tre diversi gruppi.
Gli interventisti non sono in linea di principio contrari all’intervento statale e propugnano anche le attività di prevenzione statali. Si tratta dell’unico gruppo favorevole all’obbligo di vaccino imposto dallo Stato. Gli interventisti appartengono alle classi sociali superiori, composte prevalentemente da uomini con un buon stipendio e una formazione di livello superiore.
I pragmatici sono generalmente ben disposti nei confronti di medicamenti, vaccini e misure di prevenzione, anche se criticano il ruolo dell’industria. Tendenzialmente le persone di questo gruppo prediligono la responsabilità personale nelle questioni di salute. In particolare respingono piuttosto fermamente l’obbligo di vaccino e tendono a rifiutare anche i test obbligatori in questo campo. Di solito i pragmatici hanno una formazione di livello medio-basso e vivono nella Svizzera romanda e tedesca.
Gli scettici infine vogliono limitare al massimo l’ingerenza nelle questioni di salute e dunque sono nettamente contrari a test obbligatori e ancora più contrari all’obbligo di vaccino. Gli scettici si distinguono più da un punto di vista geografico che sociale, nella Svizzera italiana se ne trovano infatti di più che nella Svizzera tedesca o romanda.
Lo studio è stato condotto per conto di Gilead Sciences Switzerland Sàrl.
Analisi completa dello studio, in versione integrale e ridotta su www.virusbarometer.ch