Se solo 5 anni fa ci avessero detto che le due ticinesi avrebbero cambiato rotta e puntato sul vivaio di casa, ci saremmo messi a ridere con un modo da sfottò. Il Lugano da qualche anno stà imboccando la strada del vivaio e dei giovani ticinesi inserendoli nel roaster della prima squadra e i risultati sono lì a vedersi. Messi poi con stranieri navigati, questo mix permette ai luganesi di veleggiareda qualche stagione a vertici del campionato Svizzero e ai vertici delle varie coppe e tornei internazionali a cui partecipano.
Inspiegabilmente questo processo ha stentato a pendere luce in Leventina, vuoi perché non vi erano gli allenatori giusti e vuoi anche perché un comitato molto vulnerabile ed influenzabile dai tifosi ha sempre messo alle corde chi doveva decidere. Poi il fondo arrivato la passata stagione che ha fatto sudare i sorci verdi a dirigenti, giocatori e tifosi. Un tifo in Leventina al limite dell’esaltazione che fa la voce grossa e il comitato di regola ha paura e asseconda.
Ma due anni fa nasceva il Rokets di Biasca, squadra di serie B, senza patemi di relegazione per tre anni, con un solo obiettivo: dare spazio ai giovani e non solo che per vari motivi non ne trovano nelle prime squadre di Ambri e Lugano. Si affacciava a questo progetto un uomo di casa, Luca Cereda alla testa che ha plasmato la squadra di B senza stranieri, subendo un’infinità di sconfitte consecutive, che poi hanno iniziato a dare i risultati, vincendo e dimostrando tutte le qualità di questo giovane di casa. Un’altra concomitanza ha fatto molto riflettere: capitan Duca ha attaccato i pattini al fatidico chiodo. Come detto risultati catastrofici e alcune concomitanza hanno indotto la dirigenza, che quando non sa cosa decidere, convoca i soci, gli amici a raccolta per far loro decidere. E’ evidente che i tifosi/soci volevano continuare il miracolo in serie A, ma a fronte di ristrettezze economiche usuali, una sola via poteva essere intrapresa: la regionalità e l’identificazione della squadra nel territorio in cui è nata e gioca. Le soluzioni erano sui gradini e è stato facile convincere Duke (Paolo Duca) e Cereda a prendere in mano le sorti della loro squadra del cuore. Con una priorità assoluta: spendere meno e chiamare in valle i giovani del vivaio e anche stranieri solo se in chiaro sulla nuova ideologia del club. Scommessa vinta, eccome vinta. Tanto che noi in un articolo di cronaca di una partita abbiamo definito miracolo Cereda. L’Ambri si è rituffato nella sua tradizione, ha chiesto ai giovani di dare il massimo, non li penalizza quando sbagliano e a questo punto ci si ritrova un club in grado di battere ogni avversario.
Per questo, ci piacerebbe se a segnare le sorti di questo derby, per una o per l’altra fazione, fosse un giovane di casa nostra, proprio per suffragare la vittoria delle scelte e la dimostrazione che con il cuore si può arrivare ovunque, anche laddove sembra impossibile.
L’unico vero auspicio che diamo tutti una dimostrazione di sana rivalità, che non girino bengala, e che la violenza resti fuori dallo stadio. Lo sport ticinese merita solo di assistere a spettacoli di sport puro e di tifo caloroso ma mai fuori dalle righe. Questo a noi interessa, poi la vittoria diventa atto dovuto nella storia che va iscritta negli annali sportivi. Non vorremmo dover commentare gesta che nulla hanno a vedere con lo sporto, il Ticino non lo merita. (ETC/rb)