Sentiamo i rendiconto dei vari negozianti, al dettaglio, grandi distributori e Federcommercio. Leggiamo su Facebook di tutto e di più; imprenditori che colpevolizzano i clienti e vice versa. Salvo i grandi distributori, che guardano le statistiche e non raggiungendo le cifre della passata annata si dicono insoddisfatti. Per chi invece ha anticipato la situazione, con fantasia e proponendo prodotti di alta qualità tenendo conto di proporre anche un prezzo interessante, che scoraggi i clienti ad andare in Italia, i risultati sono sorprendentemente soddisfacenti. Se poi invece leggiamo alcuni commenti su Facebook, dove ognuno spara nel mucchio a dipendenza dei propri interessi personali, ci rendiamo conto di come la situazione sia comunque delicata.
Da parte nostra siamo dell’idea che è sbagliato paragonare le cifre d’affari di quest’anno con quelle dell’anno passato, e trarre conclusioni affrettate, non supportate da giuste e ponderate valutazioni.
Se negli anni passati eravamo tutti sopra le righe, la leggera flessione di quest’anno non deve venir letta come una drammatica situazione del commercio, ma come un ritornare ai valori normali di un commercio che è stato nel passato “pompato” ad arte, in maniera non reale. Che poi vi siano soluzioni strutturali che dovranno venir adottate, come contratti di lavoro dignitosi, come facilitazioni fiscali per imprenditori e come un adeguamento delle proposte commerciali, evitando le solite esuberanti proposte che tendenziose inducono a falsi consumi, portando il rischio all’impoverimento della popolazione.
Tutto il commercio deve essere rivisto su basi nuove, dove sia importante ritornare ai valori necessari affinché la pace sociale abbia ancora la meglio. Bisogna iniziare ad evitare il consumismo frenato voluto solo per incrementare le cifre, perché il valore aggiunto del commercio non sono le cifre sempre al rialzo ma sono le offerte di generi necessari che si discostano dal mero consumismo fine a se stesso.
Per anni si è abituati a fare le somme, senza inventarsi nulla se non una strategia di marketing violentemente accattivante. Ora che la situazione sembra regolamentarsi verso il basso, chi non sa adattare la propria offerta alle nuove esigenze, offrendo anche prezzi competitivi rispetto le nazioni confinanti, difficilmente riuscirà a restare nel mondo del commercio. Anche la gastronomia, subisce, forse più di altri settori, la concorrenza estera. Noi vedremmo di buon occhio un intervento dello Stato anche in questo settore, non ad innaffiatoio ma con oculatezza. Lo Stato finanzia il primario in maniera forse esagerata, sarebbe ora che iniziasse pure a prevedere dei finanziamenti, in che forma è tutta da studiare, a quegli albergatori e ristoratori che cercano con le loro strategie di affrontare con creatività ed innovazione la nuova situazione che si stà imponendo come un modo diverso di interpretare il turismo e le esigenze della clientela.
Proprio queste cifre negative rispetto l’anno passato, dovrebbero incentivare delle riflessioni serie e non solo economiche, per poter risolvere assieme tutta la tematica, a beneficio del benessere della nostra gente che chiede solo ed unicamente di lavorare e spendere a casa propria. Affinché si possa soddisfare questa esigenza unica e prioritaria della popolazione, bisogna affrettarsi a capire come cambiare e come interpretare un modo nuovo di fare business. (ETC/rb)