Eh no, non facciamoci ingannare: non è che se qui si chiamano tutti Grotti, sono per forza Grotti.
Il turista occasionale rimane spiazzato, il romagnolo si guarda in giro dubbioso, il brianzolo va a caccia del grotto più fashion senza fare domande.
La differenza tra grotto, osteria o trattoria c’è eccome. Se il nostro ritrovo preferito ci tratta bene, ci riempie la pancia con leccornie sopraffine, allora che la precisione se ne vada a quel paese. Ma se vogliamo per cultura e curiosità essere un po’ “capiscioni” (saccenti), vediamo che la prima e più grande differenza tra grotto è osteria è, che il primo è una sorta di grotta.
Scontato, direte voi. Ma cosa si metteva nella grotta? Salumi, formaggi, ma anche tanto vino. Insomma i grotti erano delle vere casseforti del gusto. Fondamentale era quindi costruire la cantina a ridosso di una montagna, in modo che fosse la natura stessa a offrire lo spazio e la temperatura giusta per la conservazione dei cibi.
A differenziare i grotti dall’osteria vi era poi un’altra caratteristica: la collocazione. Se l’osteria nacque come luogo di sosta per viandanti, abitazione di mercanti di vino che videro un guadagno nell’accoglienza dei viaggiatori, i grotti nascevano come semplici frigoriferi. Quindi l’osteria era cittadina (il più delle volte) e comprendeva oltre a uno spazio dedicato ai bevitori, anche la casa dei gestori, mentre il grotto poteva avere uno spazio domestico, ma non era dimora fissa per i proprietari. Sparsi tra le prime dolci montagne della Svizzera italiana i grotti erano rifugi estivi e scrigni per botti e formaggi, ma lo scorrere del tempo e l’avanzare di nuove tecniche di conservazione, portarono alla svolta. Il XX secolo vide la trasformazione delle cantine in luoghi di degustazione, i contadini sfruttarono l’eccellenza dei loro prodotti, i grotti si aprivano al pubblico.