Che alla Fondazione Mirafiore di Serralunga d’Alba (Cn) si facciano incontri interessanti non è cosa nuova. Nel suo Laboratorio di Resistenza Permanente patron Oscar Farinetti ospita grandi nomi della politica, dell’economia, dello spettacolo, dello sport. Ed è qui, nella bella cornice della Fondazione Mirafiore, che due autentiche personalità del vino si sono sedute per un dialogo che ha spaziato dal passato al presente per terminare nel futuro. Angelo Gaja, il re del Barbaresco, e il toscano marchese Piero Antinori, punzecchiati anche dalla curiosità di Oscar Farinetti e dal pubblico hanno fatto vivere una straordinaria serata tra storia, aneddoti, vissuti. Ad introdurre l’ospite toscano è stato proprio Angelo Gaja, che ha ripercorso le tappe non solo del vino Antinori, ma di una situazione italiana che parte da tanti anni fa, che si evolve, che guarda al futuro. Si parte da lontano, nella Firenze del Trecento. Qui ha origine la vera storia vitivinicola della famiglia Antinori. Una storia lunga, che ha attraversato ininterrottamente i secoli, e arriva ai giorni nostri più fiorente che mai, che ha varcato da tempo i confini ed ha portato la qualità italiana nel mondo. Ma torniamo alla famiglia Antinori, al racconto del marchese Piero: “Siamo grati agli inglesi”. Curiosa affermazione, ma la spiegazione c’è: “Nel 1330 i banchieri fiorentini hanno fatto un prestito consistente all’allora re d’Inghilterra Enrico III, debito mai onorato da quest’ultimo. Questa situazione, insieme alla peste nera del 1370 che aveva ridotto la popolazione fiorentina da 100 mila abitanti a 40 mila, ha prodotto una grave crisi economica nella città toscana”. Così molte famiglie si sono dedicate all’agricoltura, finora non attività prevalente dei nobili fiorentini, in maniera più professionale. Ed è nel 1385 che troviamo Giovanni di Piero Antinori iscritto all’Arte dei Vinattieri, una delle corporazioni minori di arti e mestieri a Firenze. Qui comincia la vera avventura che porterà i vini Antinori ad essere una delle vere eccellenze italiane nel mondo. E quando a Piero Antinori gli si chiede “per tanti secoli a fare la stessa cosa, non ci si stufa?”. Con tutto l’orgoglio che gli arriva da un passato importante e l’amore per questo settore, il marchese è sicuro: “Non ho mai visto una vendemmia uguale ad un’altra, c’è sempre da scoprire, da inventare. Questo è un settore che ti fa innamorare, che appassiona, non ci si stufa, anzi si è sempre più motivati a fare meglio”. Un entusiasmo che gli arriva dal passato, dagli insegnamenti degli avi: “Un’eredità morale: ogni generazione deve portare il suo contributo all’azienda e lasciarla migliore rispetto a quella che ha ricevuto” aggiungendo: “Gli imprenditori di oggi dovrebbero rispettare di più il lavoro di chi li ha preceduti”. Questo il segreto di una longevità positiva, e che oggi passa alle tre figlie di Antinori, Albiera, Alessia e Allegra, alle quali il marchese ha trasferito valori come la passione per la terra, il saper attendere, perchè i tempi per fare il viso sono lunghi, saper affrontare e accettare anche eventi sfavorevoli. Dal passato al futuro, il vino italiano ha raggiunto una posizione solida nel mondo. Ci sono mercati importanti in cui l’eccellenza si è fatta prepotentemente spazio, altri ancora emergenti, ma Antinori è sicuro: “L’Italia riuscirà ad affermarsi anche in questi”.
Marisa Quaglia/Fabrizio Salce