Una zona della Leventina, sopra Faido, tranquilla e oasi di natura ancora incontaminata, con alcune case secondarie, abitate durante le ferie dai residenti e da qualche ticinese che aveva radici in quei luoghi. Era un’idea che mi balenava nella testa: cercare di salvaguardare il paesaggio ponendo alcune regola di buon senso: non poter raggiungere l’interno di quella area in maniera selvaggia con le automobili, ma solo con mobilità eco compatibile, vedere di fare rete nell’affittare a turisti che amano la natura le abitazioni quando rimangono inabitate, fare un marketing regionale di promozione, organizzare work shop legati alla natura, alla fotografia e alla gastronomia, valorizzare il territorio in tutte le proprie eccellenze. Porre delle barriere oltre le quali i mezzi veicoli non potevano entrare se non a condizioni molto particolari, noleggiare mezzi di mobilità elettrici e via dicendo. Era un’occasione unica per fare marketing turistico per tutta la regione, puntando su un turismo vicino al rispetto del territorio. Naturalmente la proposta in dettaglio è stata presentata ai comuni (allora non vi era aggregazione) e ai vari patriziati proprietari dei terreni. La riunione è stata indetta in una chiesa di un
paesino, per evitare di dare in escandescenza. Risultato: ogni comune ha pensato solo a se stesso, i patriziati, chiusi nelle loro dinamiche non hanno neppure voluto entrare nella discussione. Un patriziato, più elegante, ha proposto un gruppo di lavoro. Ebbene essendo anche in politica, ho capito che quando si propone di creare un gruppo di studio o di lavoro significa affossare elegantemente qualsiasi progetto.
Il risultato valutato dopo decenni è che nulla è cambiato, ognuno fa quello che desidera, nessuno si interessa dell’ambiente e naturalmente ognuno ristruttura come vuole senza alcuna direttiva.
Noi avevamo solo l’idea, un idea dettata dalla volontà di salvaguardare un territorio pregiato, ma nessun mezzo finanziario e tanto meno, non eravamo della regione. Tutto, anche oggi, in questa regione viene fatto se qualcuno vuole che si faccia e viene affossato se per caso non porta franchi facili e subito, magari di sussidi di soldi pubblici, senza dover mettere nulla di proprio. Peccato!

Poi arrivò il Parc Adula, con mezzi e soldi, con vantaggi per tutti e qualche logica restrizione e fu una sonora bocciatura! (avevo assistito ad una riunione iniziale e ho vesto una litigiosità folle e un aggrapparsi solo ai guadagni personali, senza nessuna visione globale territoriale)
Il Parco Nazionale del Locarnese, anch’esso con mezzi finanziari importanti, con personalità del mondo politico in campo e i soliti personaggi a sostenerlo, troverà, purtroppo ostacoli insormontabili nella chiusura mentale di alcuni attori. Bisogna anche dire che quando le forze politiche scendono in massa su un tema, la gente, visto i danni della partitica, diventa titubante e non crede più a quello che viene propinato. Anche in questo caso prevarrà la paura di innovare, la paura di andare avanti e magari la paura che qualcosa costerà in termini finanziari anche ai singoli. Ma se queste paure venissero superate, un domani potremo sfregiarci, con orgoglio e anche un po’ di boria, dia vere un Parco Nazionale e essere trattore di un turismo che gioco forza deve cambiare le sue coordinate. Non innovando saremo soffocati da altre regioni, più aperte, meno care e che trovano proprio nelle motivazioni ambientali le loro grandi sfide e opportunità di essere apprezzate e mete importanti di turisti da tutto il mondo.

Un sì convinto al Parco Nazionale del Locarnese, io consiglio ai cittadini del Locarnese, mia regione in cui sono nato ed ho vissuto per un ventennio e che sempre mi è rimasta nel cuore. Poi vi saranno sicuramente correttivi da apportare, ma importante partire con uno spirito nuovo e con tanto entusiasmo.