Quando la libertà di espressione può essere limitata per preservare la pace religiosa
Il reato di blasfemia comincia a farsi largo in Europa
Negli scorsi giorni la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha preso una decisione che potrebbe costituire un pericoloso precedente giuridico per chiunque, appellandosi alla libertà di espressione, osi criticare una religione o una divinità. I giudici hanno confermato una multa di 480 euri o 60 giorni di prigione inflitta in Austria a una signora (Elisabeth Sabaditsch-Wolff) che nel 2009, durante un seminario da lei diretto e dedicato all’Islam, aveva ricordato che una delle mogli di Maometto (Aisha) aveva 6 o 7 anni al momento del matrimonio, e aveva aggiunto “56 anni da una parte e 6 dall’altra : se questa non è pedofilia, allora cos’è ?”. Da notare che questo matrimonio, secondo i testi sacri dell’Islam, avvenne realmente, e venne consumato quando la sposa-bambina aveva raggiunto l’età di 9 anni. Quindi i fatti raccontati dalla signora Sabaditsch-Wolff erano corretti. Ma l’interessata fu condannata in prima istanza perché ritenuta colpevole di aver usato impropriamente il termine di “pedofilo” , denigrando in tal modo una religione riconosciuta dalla legge del suo Paese , e di non aver dato al suo pubblico delle informazioni neutre sul contesto storico in cui tali fatti erano avvenuti.
In particolare il giudice austriaco che aveva emesso la condanna, successivamente confermata in appello, era giunto alla conclusione che il rapporto sessuale fra Maometto e Aisha non poteva essere considerato di natura pedofila visto che il matrimonio durò fino alla morte di Maometto ( quando sua moglie aveva 18 anni) , e dunque non si poteva affermare che il Profeta di Allah fosse attratto esclusivamente da minorenni. Lasciamo ogni commento a chi legge. A noi preme piuttosto rilevare che, confermando questo verdetto, i giudici di Strasburgo hanno in pratica stabilito che, allo scopo di preservare la pace religiosa, la libertà di espressione può essere limitata quando certe dichiarazioni possono essere considerate offensive e blasfeme dai credenti di una determinata religione.
Una sentenza, questa, che – se facesse scuola nei vari Paesi europei – potrebbe essere utilizzata in particolare dagli islamisti per soffocare sul nascere ogni critica rivolta verso l’Islam e per continuare senza ostacoli il processo di islamizzazione dell’Europa, che ha per obiettivo finale quello di sostituire la democrazia ( e le sue libertà, compresa quella di espressione) con la legge coranica, ossia la sharia.
Del resto è già da diversi anni che i 57 Paesi islamici facenti parte dell’OCI ( Organizzazione per la cooperazione islamica) fanno pressioni sull’ONU affinché venga riconosciuto in tutto il mondo il reato di blasfemia, destinato a punire chiunque offenda con parole o atti ciò che per altri è divino o sacro. Da tempo i Paesi dell’OCI fanno pressione in particolare sui Paesi dell’Unione europea per chiedere l’applicazione della risoluzione 16/18 adottata dal Consiglio dei diritti dell’uomo dell’ONU il 24 marzo 2011, la quale invitava tutti i Paesi a lottare contro l’intolleranza, gli stereotipi negativi e la stigmatizzazione delle religioni.
Fino a che punto, sarà dunque possibile spingersi per criticare l’Islam ( o una qualsiasi altra religione) senza offendere i suoi seguaci e senza incorrere in guai giudiziari ? Si potranno ancora dire certe sgradite verità, e cioè ad esempio che il Corano strabocca di versetti offensivi, violenti e di istigazione all’odio verso gli infedeli , e che la sua diffusione in Europa – e soprattutto la sua messa in pratica- rappresenta un pericolo mortale per la democrazia e una reale minaccia alla pace religiosa ? Fa riflettere il fatto che in nome della libertà di credo una religione può liberamente offendere e istigare ad ammazzare chi non la pensa allo stesso modo, e invece chi in nome della libertà di espressione critica questa stessa religione rischia una condanna penale …
Il reato di blasfemia punito con la morte nell’Islam
Se un giorno, grazie anche a certe sentenze e all’assenza di coraggiosi critici, l’Islam dovesse conquistare l’Europa e introdurre la sharia, il reato di blasfemia verrebbe punito con il carcere a vita o con la morte, e ciò in applicazione del versetto 33 della quinta Sura del Corano, secondo cui “la ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al suo Profeta e che seminano la corruzione sulla Terra è che siano uccisi o crocefissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti e che siano esiliati sulla Terra ” .
Del resto è proprio in applicazione di questo versetto, vincolante per tutti i musulmani, che in Pakistan la cristiana Asia Bibi era stata condannata a morte nove anni fa per aver risposto a chi la rimproverava di aver bevuto da un pozzo a lei proibito ( in quanto considerata “impura”) di essere orgogliosa di essere cristiana perché Gesù , a differenza di Maometto, era morto in croce per la salvezza di tutta l’umanità (proprio negli scorsi giorni la Corte suprema l’ha assolta annullando la pena di morte e scatenando la rabbiosa reazione di milioni di fanatici seguaci della “religione di pace, amore e tolleranza” che la vorrebbero impiccare ).
Ed è sempre in applicazione del codice islamico della blasfemia che i giornalisti del Charlie Hebdo, rei di aver offeso Maometto con delle vignette decisamente volgari , sono stati uccisi. A quel momento quasi tutti si erano schierati a difesa della libertà di espressione, scendendo in piazza con magliette e cartelli con la scritta “Je suis Charlie”. Ma oggi il vento sta cambiando e chi offende Maometto arrischia di essere multato o di finire in prigione.
C’è aria di resa e di sottomissione all’Islam, insomma, e chi si oppone a questa fine annunciata della società occidentale vien considerato da legioni di “utili idioti” e di traditori della Patria un becero islamofobo, un estremista di destra o un fanatico razzista…
Giorgio Ghiringhelli