L’aumento dei gas serra in atmosfera contribuisce al riscaldamento climatico. Il mondo scientifico conferma che le attività umane, in particolare l’uso dei combustibili fossili, sono parte del problema. Per contenere il riscaldamento entro + 1.5°C, come deciso al Vertice di Parigi, occorre ridurre in modo massiccio il consumo di carbone, petrolio e gas e bisogna farlo subito!
Nel mondo il disinvestimento è da tempo un tema e ha già sortito effetti importanti. Il disinvestimento è l’obiettivo della ONG 350.org. Questa organizzazione, guidata dal noto scrittore e ambientalista McKibben, ha già convinto 500 istituzioni e fondi di investimento, che gestiscono un capitale di 3’400 miliardi di dollari a vendere i loro titoli delle imprese attive nelle energie fossili. Anche a seguito di queste operazioni di disinvestimento il valore in borsa delle grandi multinazionali del carbone sono crollati e le compagnie attive nel carbone fallite negli ultimi quattro anni sono decine, tra cui Arch coal, il secondo produttore di carbone degli USA.
La città di Oslo ha deciso di escludere gli investimenti nel carbone del suo fondo pensioni (che capitalizza circa 73 miliardi di dollari). E nel 2015 ha esteso questo bando anche alle altre energie fossili. Di conseguenza la città di Oslo è la prima capitale del Mondo a disinvestire nelle energie fossili. La Norvegia d’altronde è un paese pioniere in questo settore. A giugno 2015, infatti il Parlamento norvegese ha deciso in modo bipartisan di vendere gli investimenti sul carbone del proprio fondo sovrano (Government Pension Fund Global, GPFG), secondo fondo al mondo per le sue dimensioni dotato di 837 miliardi di euro di partecipazioni. Si tratta del più consistente disinvestimento dalle fonti fossili deliberato fino ad ora. Varie stime indicano che il valore complessivo delle partecipazioni ceduto dovrebbe essere compreso fra i 4 e gli 8 miliardi di euro e avrà un impatto a livello mondiale su un centinaio di aziende.
In Francia è la città di Lille ad aver mostrato la via, chiedendo ai suoi partner, fondi di pensione, banche, operatori finanziari, assicuratori, produttori di energia di ritirarsi dalle energie fossili e di investire nella svolta energetica. Questo esempio è stato seguito in breve tempo da numerose altre comunità: Bordeaux, Dijon, Rennes, Cherbourg-Octeville, e le regioni di Bourgogne, Champagne-Ardenne, Ile de France, Poitou-Charentes e Rhône-Alpes. Nel dicembre 2015 diciannove città francesi e lo stesso Parlamento d’Oltralpe hanno annunciato l’impegno a disinvestire dai combustibili fossili.
Negli Stati Uniti lo Stato dell’Oregon è il primo ad aver deciso di eliminare il carbone nella produzione dell’energia elettrica. La fondazione dei fratelli Rockefeller, discendenti del fondatore di Standard Oil, ha deciso di spostare i propri investimenti in petrolio, gas e carbone (860 milioni di dollari) per indirizzarli verso le fonti rinnovabili.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite si è schierata apertamente a supporto della campagna internazionale che invita istituzioni, fondi pensioni, governi e risparmiatori a disinvestire dalle fonti fossili. Le parole pronunciate da Nick Nuttall, portavoce della Convenzione sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite, l’UNFCC non lasciano dubbi. “Supportiamo il disinvestimento perché manda un segnale chiaro alle compagnie, specialmente quelle del carbone, che l’era del ‘brucia ciò che vuoi’ non può continuare”.
Anche le istituzioni private iniziano a muoversi in questa direzione, ad esempio hanno annunciato disinvestimenti il fondo pensioni olandese PFZW e le compagnie assicurative Allianz e AXA .
La Svizzera è una delle piazze finanziarie più importanti nel mondo e potrebbe contribuire in modo decisivo a disinvestire nelle energie fossili. Un recente studio commissionato a Econcept ha quantificato a 1’100 milioni di t/a di CO2 eq le emissioni generate nel mondo intero dagli investimenti della piazza finanziaria svizzera, una cifra impressionante se confrontata con le 50 t di CO2 emesse direttamente dalla Svizzera e che, se considerate, situa il nostro paese al sesto rango nel 2014 tra i grandi inquinatori, dopo Cina (10’500 milioni), USA (5’300 milioni), India (2’300 milioni), Russia (1’700 milioni) e Giappone (1’200 milioni). Inoltre questi investimenti comportano sempre più anche l’assunzione di rischi.
Purtroppo finora la piazza finanziaria elvetica non ha prestato alcuna attenzione alla decarbonizzazione degli investimenti. È quindi urgente agire subito anche nel settore finanziario e lo Stato deve dare il buon esempio.
Gli esempi appena ricordati dovrebbero convincere tutti che i tempi stanno cambiando e che anche in Svizzera e in Ticino è tempo di disinvestire. Le perdite milionarie del CS negli investimenti nel carbone in Malesia e quelli della nostra Azienda elettrica a Lünen dovrebbero suonare come un chiaro monito.
Per tutti questi motivi i Gran Consiglieri sottoscriventi chiedono al Consiglio di Stato di:
1. Rendere pubblici i dati sull’impatto climatico dei suoi investimenti (finanziari e non) e di quello degli enti pubblici a esso collegati (es. Fondo pensioni).
2. Mettere in atto al più presto un piano per ridurre le sue partecipazioni agli investimenti che danneggiano il clima, attuando così una politica di decarbonizzazione degli investimenti pubblici.
Francesco Maggi
Allegati: Il Belgio abbandona il carbone; post-Parigi incompatibile con centrali a carbone