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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Un sole meraviglioso splende e ci regala temperature quasi estive. Quindi, nessun dubbio su cosa fare quest’oggi!
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia si occupa questa settimana del tema dei dazi. Cominciamo con qualche precisazione. Il commercio tra Paesi è ritenuto un fattore che accresce il benessere in generale. Per questo nel tempo si è cercato di limitare le barriere che gli Stati usano per regolare o limitare lo scambio di beni e servizi con l’estero al fine di proteggere l’economia interna o magari anche la tutela della salute pubblica. Possiamo classificare gli ostacoli al commercio in barriere tariffarie e in barriere non tariffarie. Nella prima categoria rientrano i dazi di cui si è parlato tanto in questa settimana: i dazi sono semplicemente una tassa che viene applicata sul prezzo dei beni che importiamo così da renderli artificialmente più cari. Nel caso di beni sensibili al prezzo (concetto di elasticità in economia), questo dovrebbe ridurne il consumo. Non succede, invece, per esempio con i beni di lusso o con quelli essenziali – come potrebbero essere alcuni farmaci- dove chi può o deve comperarli non si ferma di fronte a un aumento del prezzo. Un esempio semplice di dazio potrebbe quello applicato a una bottiglia di Merlot Ticinese venduta negli Stati Uniti per 10 CHF a cui si aggiunge un dazio del 31%. Il prezzo diventa 13.10 CHF. Comprendiamo subito che se la tassa viene scaricata sul prezzo finale per i consumatori, il rischio di inflazione (aumento generale dei prezzi) diventa molto reale. Attenzione però, non per forza la tassa deve essere applicata al prezzo finale dei consumatori: alcune aziende potrebbero in parte farsi carico loro di questa tassa.
Le barriere non tariffarie, invece, sono di diverso tipo. Ci sono per esempio le restrizioni quantitative che mettono dei limiti alla quantità di un bene che si può importare in un paese. Ad esempio, in Svizzera c’è un contingente annuale di 6’500 tonnellate di patate da tavola. Ci possono anche essere delle normative tecniche, come il rispetto di requisiti sulla sicurezza oppure sugli standard ambientali. Ad esempio, l’Unione Europea vieta l’importazione di carne bovina trattata con ormoni e l’uso di antibiotici per la crescita, prassi regolare negli Stati Uniti. In aggiunta a controlli sanitari oppure all’uso di una certa burocrazia doganale, tra le barriere non tariffarie possiamo introdurre anche gli aiuti di Stato. In questo caso, non ci sono divieti particolari all’importazione, ma aiuti dati alle imprese che producono in una nazione e che quindi creano un vantaggio. Qualche mese fa avevamo proprio trattato il caso dell’Unione Europea che aveva deciso di applicare dazi alle automobili cinesi proprio a causa di questo tipo di aiuti.
E proprio su un calcolo che considerasse tutte queste barriere tariffali, ci aspettavamo l’annuncio dei dazi di Trump. Dopo qualche ora, trascorsa a cercare una fantomatica formula che giustificasse la famosa lavagna mostrata dal presidente (sotto nella fotografia) ci si accorti che l’equazione scelta dalla Casa Bianca per calcolare gli ostacoli al commercio statunitense era semplicemente un rapporto che teneva conto del deficit commerciale. Spieghiamola guardando ai dati svizzeri e omettendo i parametri che di fatto lasciano invariato il risultato. Il valore dei beni svizzeri comperati dagli USA nel 2024 è stato di 63,4 miliardi di dollari, quelli venduti dagli USA di 25 miliardi, con una differenza di 38,4 miliardi di dollari. Prendiamo questa differenza e dividiamola per il totale delle importazioni (38,4/63,4): otteniamo 0,606 che moltiplicato per cento diventa il famoso 61% della tabella. A questo punto, secondo la narrazione statunitense, Trump ci grazia applicando solo la metà dei dazi, il famoso 31%. Comprendiamo subito l’assenza di scientificità e rigore in questo calcolo, ma questa non è una novità per il presidente statunitense. Fatte tutte queste premesse, non significa che alla base di questa decisione ai nostri occhi scellerata, non ci sia una chiara strategia economica e politica. Per chi volesse approfondirla, riporto qui il link dove trovate l’articolo dell’economista a cui si ispirerebbe l’agenda economica americana e le conseguenti decisioni politiche.
Di questo tema e delle possibili conseguenze di questa decisione che deve ancora diventare definitiva (le nazioni hanno tempo per negoziare direttamente con l’amministrazione americana degli sconti sui dazi previsti) abbiamo discusso in diversi interventi questa settimana e vi riportiamo qui i link di dove potete trovarli.
Dazi amari: Ospite a Liscio e Macchiato (03.04.2025)
«Sarà un periodo difficile per il Ticino», intervista a Tio (04.04.2025)
“Dazi USA, delusione Svizzera”, partecipazione a Modem, RSI (04.04.2025)
Trump ha fatto la prima mossa. Ma non controlla tutto il tavolo, L’Osservatore (05.04.2025)
Prima che scoppiasse la notizia dei dazi, abbiamo scritto un articolo sul tema della povertà che aumenta nel nostro Cantone “Ticinesi: ancora più poveri e infelici”. Lo stesso è stato pubblicato da diversi portali e potete consultarlo anche sul nostro sito.
Trovate qui gli articoli della settimana
Trump ha fatto la prima mossa. Ma non controlla tutto il tavolo
Ticinesi: ancora più poveri e infelici
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Le auto crollano, l’oro brilla
Svizzera? Bene, ma non benissimo
Ticino & Lavoro: un’opportunità in più per chi non vuole arrendersi
Il cammino è ancora lungo, ma non più in solitaria
Addio a Skype: la fine di una “rivoluzione”
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Trump ha fatto la prima mossa. Ma non controlla tutto il tavolo
Ticinesi: ancora più poveri e infelici
Le auto crollano, l’oro brilla
Svizzera? Bene, ma non benissimo
Ticino & Lavoro: un’opportunità in più per chi non vuole arrendersi
Il cammino è ancora lungo, ma non più in solitaria
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante