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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Oggi è l’ultima domenica dell’Avvento: già perché la prossima sarà finalmente Natale! Io adoro il Natale nonostante porti con sé un velo di nostalgia e tristezza: in questi giorni la mancanza delle persone a noi care diventa un po’ più forte e “rumorosa”. Ma il rumore delle risate e della spensieratezza dei bimbi che vivono la magia delle feste riesce a farci tornare il sorriso. Sorriso che manterremo probabilmente anche al termine della finale dei Mondiali in Qatar che si disputerà tra qualche ora non essendo la nostra nazionale in campo. Diciamo che questo mondiale probabilmente rimarrà nella storia più per le questioni di corruzione e violazione dei diritti umani che non per il risultato sportivo.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia comincia con uno sguardo internazionale. Sul fronte dei prezzi, l’inflazione in alcune nazioni sembra dare segnali incoraggianti. Si tratta di livelli ancora molto alti, ma pare esserci quanto meno un rallentamento. In novembre l’indice dei prezzi al consumo in Germania è diminuito dello 0.5%, fermandosi al 10% su base annua (il mese prima il tasso era del 10.4%). Nonostante questa notizia positiva, la Bundesbank (Banca Centrale della Repubblica Federale di Germania) ha rivisto al ribasso le sue previsioni economiche per il 2023. In particolare in giugno si prevedeva una crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) del 2.4%, oggi stimata in una decrescita del -0.5%. Questo rallentamento dipenderà, secondo l’istituto, principalmente dall’inflazione che continuerà ad essere elevata a causa della crisi energetica (7.2% anziché 4.5% prevista in giugno) e che andrà a ridurre i redditi reali impattando in maniera negativa sui consumi delle famiglie e sulla produzione delle aziende. Ricordiamo che la spesa delle famiglie rappresenta oltre la metà dell’intero PIL e per questo una sua variazione può essere determinante nell’andamento economico di una nazione. Anche in Gran Bretagna, le cose non andranno particolarmente bene l’anno prossimo e questo nonostante gli ultimi indicatori abbiano mostrato un rallentamento dell’inflazione su base annua (che passa dall’11.1% al 10.7%, con una crescita mensile che segna “solo” lo 0.6% rispetto al 2% del mese prima) e un miglioramento della fiducia dei consumatori che rimane comunque vicina ai minimi storici. Le vendite al dettaglio sono ancora diminuite nel mese di novembre, sia rispetto al mese prima (-0.4%) sia rispetto al dato annuale (-5.9%). Non a caso anche la disoccupazione e le richieste di sussidi mostrano un aumento. Aumento che purtroppo non è previsto per il Prodotto Interno Lordo inglese dell’anno prossimo che dovrebbe chiudere con un -1.4% (nonostante l’aumento a sorpresa nel mese di ottobre dello 0.5% su base mensile e dell’1.5% su base annuale).
Sorpresa che non c’è stata nelle decisioni di politica economica prese questa settimana dalle banche centrali. La FED (Federal Reserve, banca centrale degli Stati Uniti) ha aumentato i tassi di interesse di 0.5 punti percentuali, portandoli tra il 4.25 e il 4.5%. La stessa manovra è stata fatta qualche giorno dopo dalla Bank of England (BoE), dalla Banca Nazionale Svizzera (BNS) e dalla Banca Centrale europea (BCE). Tutte e tre hanno deciso per un aumento di 50 punti base. Il tasso di interesse inglese è passato quindi al 3.5%, quello europeo al 2.5% e quello svizzero all’1%. Ma sono altre le notizie che hanno attirato l’attenzione nel caso della Banca nazionale Svizzera. In particolare ci riferiamo al fatto che il presidente della direzione della BNS Thomas Jordan ha confermato qualche ora fa che salvo miracoli dell’ultima ora, l’anno prossimo l’istituto non distribuirà utili ai suoi azionisti. Questo significa che la Confederazione e i cantoni non riceveranno risorse aggiuntive, come invece era successo nel 2010 quando la BNS aveva deciso di sostenere le finanze pubbliche nonostante il risultato negativo. Quanto accade quest’anno ci porta ancora una volta alla riflessione dell’importanza di avere finanze pubbliche sane e ben gestite e alla conferma che la gestione della banca nazionale deve essere indipendente e autonoma dalla politica. Come più volte detto, la salvaguardia della stabilità del sistema finanziario e il controllo dell’inflazione, sono compiti altrettanto degni di quelli legati alla politica fiscale e per questo devono essere tutelati da facili appetiti.
E di appetito insaziabile di carbone potremmo parlare guardando ai dati appena pubblicati dall’Agenzia Internazionale dell’energia (IEA): il consumo globale nel 2022 supererà gli 8 miliardi di tonnellate, nuovo record assoluto. Il precedente era nel 2013 quando sono state consumati 7.997 miliardi di tonnellate. I fattori che hanno determinato questo nuova crescita sono da ricercare nell’aumento del prezzo del gas causato dalla guerra in Ucraina, dalla minore quantità prodotta di energia nucleare (soprattutto in Francia) e da eventi eccezionali legati a ondate di calore e siccità che hanno fatto lievitare la domanda di elettricità. Per quanto concerne i Paesi consumatori di carbone, seppur la Cina rimanga in testa alla classifica con ben il 53% della domanda globale, segnaliamo che gli aumenti maggiori nella domanda di carbone sono stati registrati in India (+7% con un aumento di 70 miliardi di tonnellate) e nell’Unione Europea (+6% con un aumento di 29 miliardi di tonnellate). Anche se il rapporto dell’IEA cerca di tranquillizzarci dicendo che il picco di consumo è stato raggiunto quest’anno, la riattivazione delle centrali di carbone (a cominciare da quelle in Germania e in Italia) non ci fa ben sperare. Al contrario, a farci ben sperare sono le notizie arrivate questa settimana dagli Stati Uniti in relazione alla fusione nucleare. La scoperta epocale che potrebbe cambiare le sorti in ambito energetico è stata annunciata dal dipartimento statunitense dell’Energia: in California sono riusciti a produrre una reazione di fusione nucleare che genera più energia di quella necessaria a innescarla. Anche noi ne abbiamo parlato diverse volte e siamo ben contenti di aver assistito a questa innovazione che potrebbe risolvere per sempre i problemi legati alla creazione di energia pulita in maniera illimitata. Siamo ben contenti che ancora una volta il progresso tecnologico fatto da uomini e donne ci consenta di sperare in un futuro migliore.
E di speranza parliamo nel nostro articolo settimanale “Sotto l’albero? Le previsioni del KOF”. Il Centro di ricerca congiunturale del politecnico federale di Zurigo stima che il prossimo anno il Prodotto Interno Lordo svizzero (PIL) aumenti dell’1%, sostenuto principalmente dai consumi interni, dagli investimenti in macchinari e in parte dalle esportazioni. La spesa pubblica e gli investimenti in costruzioni dovrebbero al contrario decrescere. L’impatto sul mercato del lavoro dovrebbe essere piuttosto contenuto. Tutto ciò accadrà sempre che si realizzino le condizioni ipotizzate dal KOF: stabilità dei prezzi, approvvigionamento energetico e fine della pandemia. E anche noi, ce lo auguriamo.
Trovate qui gli articoli della settimana:
Sotto l’albero? Le previsioni del KOF
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Quanto vale fare la mamma o il papà?
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Aumentano i frontalieri, partono i residenti
La Svizzera e la crisi che (forse) verrà
Ticino: i frontalieri aumentano ancora
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
L’economia con Amalia by Amalia1978