La televisione opera nel mercato, vende spazi pubblicitari, ottiene sponsor, produce prodotti che si possono scegliere o rifiutare. E’ e rimane un mezzo di persuasione occulta. Essere obbligati a pagarla è un’ingiustizia. E’ una tassa iniqua e antisociale, che stranamente sostiene il partito socialista. Infatti, invece di essere finanziata eventualmente dalle imposte sul reddito, è una tassa fissa uguale per tutti, persino maggiore per chi paga poche imposte o ne è esente perché vive con redditi modesti. Ma è anche ben poco liberale obbligare tutti a pagare qualcosa che non è indispensabile consumare, anzi può nuocere alla salute mentale e fisica.
La tecnologia non è gratuita ed occorrono carte e decodificatori. Le televisioni scelgono se inviare gratis le trasmissioni, infilandoci le relative pubblicità, o a pagamento (canali sportivi, film ecc.). E’ quindi normale consumare prodotti televisivi e pagarli in ragione di quello che si consuma, come al ristorante. Anche i giornali svolgono un servizio pubblico. Ce ne sono persino di gratuiti. Lo spazio che i quotidiani offrono ai lettori per le loro lettere è un servizio ben più apprezzabile di quelli di una televisione o di una radio, che possono operare regolarmente censure nei confronti di chi non risponde “alle esigenze dei programmi”.
Se c’è una cosa che han favorito radio e televisione è il mercato, la diffusione di merci pubblicizzate o di divertimenti vari. Più che la coesione nazionale in Ticino, i media sempre più ingordi di finanze statali favoriscono la colonizzazione di gusti e l’omologazione al mercato globale. Fanno anche di peggio con la diffusione di trasmissioni violente o dai contenuti poco etici. Oggi sia per la propria educazione culturale che per la convivenza nella confederazione o con i popoli del mondo, ognuno può fare di più individualmente, consapevolmente, con le sue relazioni e le sue libere scelte. Votiamo quindi un bel no alla modifica della legge sulla radio e televisione. “La televisiun la g’ha na forza da leun”, cantava Jannacci e proseguiva: “la ta indurmenta come un cuyun”. No, non è indispensabile e farne a meno giova alla salute!
Gian Marino Martinaglia