La Svizzera è un Paese piccolo, ma estremamente variegato. Tradizionalmente pensiamo all’eterogeneità culturale e linguistica, ma anche a livello territoriale e di attività insediate troviamo una grande varietà in spazi molto ristretti. Accanto a montagne, boschi e laghi, nel piano e in collina convivono attività agricole, industriali e di servizi, tanto in prossimità degli agglomerati cittadini quanto nelle periferie.
Dichiaro i miei interessi sia quale presidente dell’Interprofessione della vite e del vino svizzeri (associazione mantello della vitivinicoltura nazionale), rispettivamente quale capo-dicastero acqua potabile della Città di Mendrisio.
Le due iniziative toccano due aspetti rilevanti: l’approvvigionamento di acqua potabile pulita e l’utilizzo di prodotti fitosanitari nell’agricoltura (purtroppo solamente in questo settore, tralasciando tutti gli altri che anche utilizzano “chimica”).
Il settore primario è parte integrante del nostro territorio e della nostra economia. La ristrettezza degli spazi impone grande prudenza nella gestione delle varie attività anche in ottica di protezione e rispetto per l’ambiente e per le risorse naturali. L’approvvigionamento di acqua potabile di livello eccellente è una sfida continua, l’odierna legislazione è moderna e soddisfa le esigenze. La ristrettezza degli spazi e la convivenza di varie attività e necessità, impongono sforzi importanti, ma il prodotto è sempre di qualità.
Le due iniziative focalizzano su di un tema rilevante, chiaramente condiviso da tutti come grande sfida e impegno da realizzare. Di fatto tuttavia quanto proposto non è accettabile e sostenibile. È estremista e dannoso. Le iniziative contengono divieti e vincoli insostenibili. La concretizzazione dei testi costituzionali proposti genererebbe danni enormi al settore primario svizzero, con conseguenze pesanti su chi vi opera, nonché effetti diretti e indiretti sui cittadini consumatori.
Nello specifico della vitivinicoltura quanto prescritto porterebbe alla dismissione di parecchi vigneti, alla diminuzione della produzione di vino (le regole sono ancora più severe del Bio), rispettivamente a grossi problemi sul mercato. L’effetto negativo sui prezzi, con costi di produzione già oggi molto più alti rispetto ai Paesi concorrenti, sarebbe notevole (+ 20/40%). Un danno notevole per il settore. Subirebbe un forte impatto e dovrebbe notevolmente ridimensionarsi. Parimenti sarebbero colpite tutte le altre colture specifiche, nonché l’allevamento di animali.
La vitivinicoltura rappresenta in alcuni Cantoni non solo un settore economico che dà impiego a migliaia di famiglie, ma con i vigneti terrazzati e di collina letteralmente una parte integrante del nostro territorio. Immaginiamo il Ticino o il Lavaux senza vite, cosa avremmo?
Come dicevo quanto in termini assolutistici ed estremi, quindi inaccettabili, viene chiesto dalle due iniziative, è già parte della visione e dell’attività quotidiana di chi opera nel settore. I prodotti fitosanitari sono una necessità imprescindibile. Senza di essi la produzione sarebbe insufficiente e imprevedibile, una situazione insostenibile per chi vive di sola attività primaria. L’impiego di prodotti non nocivi per l’ambiente, l’utilizzo misurato e coordinato, e la costante ricerca di miglioramenti sono un impegno costante del settore. Anche la ricerca agricola, in primis Agroscope con il suo centro di Cadenazzo, riveste un ruolo fondamentale nello studio di soluzioni più sostenibili. Servono tempo e misura, non divieti draconiani.
Il Piano d’azione nazionale dei prodotti fitosanitari, la Strategia nazionale contro le resistenze agli antibiotici (StAR), la strategia per un approvvigionamento sostenibile di foraggio, la Strategia e il Piano d’azione nazionali sulla biodiversità e la Politica agricola 2022+ contengono regole e misure che vanno nella direzione auspicata. Si dirà che non sono sufficienti o non sufficientemente vincolanti. Non condivido, dati alla mano la situazione è molto migliore di quanto gli iniziativisti vogliano far credere e non è corretto sminuire gli enormi sforzi e l’impegno delle famiglie contadine svizzere. L’agricoltura non è un male come taluni vogliono fare credere. La realtà è che l’utilizzo è sia in forte diminuzione sia, laddove strettamente necessario, meglio compatibile con la protezione delle acque e dell’ambiente. Un controprogetto indiretto sarebbe tatticamente errato, quanto auspicato deve fare parte di una riforma legislativa a sé stante e non correlata a queste due iniziative.
Le due iniziative generano più danni che benefici: votiamo NO per il settore primario svizzero. Per i nostri eccellenti prodotti agroalimentari. Per la nostra vite e il nostro vino.