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Le ultime news di ETiCinforma.ch

  • Forumalternativo: “Ordine del SEM: fate tacere il dissenso”

    RBoss
    Set 28, 2018
    0

    (Pubblicato come ricevuto da Forumalternativo) Parlerò di questa esperienza in forma narrativa. Perché ricorda certi racconti surreali e storie che ho
    ascoltato di un triste passato.
    La camera è fissata sulla testa del cavalletto e controllo l’inquadratura. Una donna si avvicina e si
    presenta: parla a nome del SEM.
    All’interno del Palapenz la gente continua ad affluire. Sta per andare in scena un triste spettacolo di
    scemata umanità. Sul palco degli ospiti, i benestanti benpensanti, tra autorità comunale, una scarsa
    manciata di autorità di Governo, la vicedirettrice del SEM e il moderatore, ex autorità cantonale. Un
    gruppetto che ha il compito vendere alla gente del luogo il prodotto luccicante e redditizio, il Centro
    federale di asilo.
    Dalla parte avversa la platea che non li vuole vicino a casa gli “asillanti” o che li preferisce sottoterra.
    La PR del SEM mi dice che è stabilito che non vengano effettuate riprese. Ma essendo un dibattito
    pubblico su un tema di interesse pubblico ritengo sia necessario poterlo mostrare. Per rispetto degli
    oratori dice. Per me prevale il rispetto dell’opinione pubblica. Potrei oscurare il volto di Norman
    Gobbi, se lo desidera.
    Torno ad armeggiare con l’attrezzatura, giusto per ritrovare la concentrazione. Un uomo in abiti grigi,
    un uomo grigio che se ne stava nell’ombra della donna si fa avanti. Non faccia riprese. Si allontana
    per un paio di minuti poi torna e la scena si ripete. L’uomo grigio cerchiato nella foto. Ritorna alla
    mia postazione mentre gli oratori prendono posto. Accendo la seconda camera e lui mi dice in tono
    imperativo di seguirlo di fuori. Chiedo chi sia e per quale motivo. È del SEM, sostiene, e mi darà
    spiegazioni fuori. Non lo voglio seguire. Lui insiste. Sa tanto di imboscata. Può spiegarsi qui o
    rivolgersi alla polizia. L’uomo grigio del SEM ritorna mandando avanti la donna. Non faccia riprese
    per rispetto del pubblico. Ne nasce un battibecco. Allora mi rivolgo al pubblico alzando la voce per
    richiamare l’attenzione di tutti. Chiedo se hanno problemi ad essere ripresi mentre fanno domande.
    È un coro di no. Abbiamo la faccia pulita. Non abbiamo niente da nascondere. Alzo il pollice per
    ringraziare e parte un applauso. Dunque signore grigio e signora del SEM la questione è risolta.
    Inizia l’introduzione del moderatore. Pochi minuti e la scena dantesca, il girone degli avidi, degli
    egoisti e dei razzisti, diventa altro. Tra il pubblico una ragazza si alza. Prende parola. Denuncia le
    pratiche razziste che la Svizzera conduce contro i migranti. È una bolgia. Gente che urla comunisti e
    qualche insulto. Un uomo si alza e gridando si avvicina minaccioso alla ragazza che continua a
    leggere il suo discorso. Ma almeno sei svizzera? Sembra abbia sfogato ma non è così. Mentre il
    moderatore a rapidi passetti raggiunge la ragazza per farla desistere, l’esagitato, torna alla carica e
    tenta di avventarsi sulla giovane. In mezzo, impotente, Luigi Pedrazzini. Chissà, magari si sta
    chiedendo quale dio glielo abbia fatto fare. Essere lì stasera.
    Il forsennato colpisce la ragazza su un braccio per farle cadere gli appunti. La polizia si avvicina.
    L’uomo in grigio si avvicina alla polizia. La polizia prende la ragazza e a forza la trascina fuori. Il
    violento torna al suo posto soddisfatto.

    Seconda parte.
    Fate tacere il dissenso. La polizia ci sta e ci da dentro
    Siamo ancora al Palapenz. La presentazione delle meraviglie del Centro federale di asilo è in corso.
    A Gobbi, a Beltraminelli e al SEM, lo sfruttamento dei migranti fa tirare il PIL. C’è da guadagnare per
    tutti. Ricchi contributi della Confederazione, posti di lavoro, appalti a ditte private e così via. La
    promessa di una pioggia di soldi con la costruzione del campo di semi detenzione.
    Una donna subisce una violenza. Di fronte a tutti, pubblico, autorità politiche e polizia un uomo
    pieno di odio aggredisce la ragazza che sta esprimendo il suo dissenso verso la politica svizzera sulla
    migrazione. Si saprà in seguito che si tratta di un municipale di Coldrerio.
    Ho autorizzato la pubblicazione della foto che mi ritrae mentre vengo portato via con la forza dalla
    polizia perché ho ritenuto che la gente, i cittadini, dovessero sapere come viene declinata questa
    nostra illusoria democrazia.
    Non ho autorizzato l’accostamento della mia immagine al titolo “Quasi rissa alla serata sul centro
    d’asilo Pasture”. Collocandomi di conseguenza al centro della rissa. La Regione ha deciso di
    costruire una verità alternativa. Rsi scrive “contestatori” accanto alla foto. Equivale a una qualifica.
    Un po’ meglio fa il CdT che riporta il fatto quasi come è stato: un cameraman – il sottoscritto – è stato
    accompagnato fuori perché denunciava i modi considerati troppo bruschi usati dal municipale.
    Apparentemente per il giornalista che sigla l’articolo, trascinare via con la forza equivale ad
    accompagnare, e un atto di violenza su una donna è equiparabile a modi che qualcuno potrebbe
    considerare bruschi.
    Io non sono un giornalista e non riesco a prendere le distanze da ciò che vedo per privilegiare la
    documentazione di ciò che accade. Sono solo un cittadino che si indigna quando ci sono palesi
    ingiustizie. Perché la ragazza che ha solo esercitato il diritto di parola è stata portata via con la forza.
    Perché il macho che ha voluto dimostrare il suo potere con un atto violento è potuto ritornarsene,
    appagato, al suo posto? Centra il fatto che sia un municipale e che sia un leghista? O perché è un
    uomo e notoriamente le donne sono causa del loro male? Nel caso ci fosse bisogno di aggiungere
    ancora motivi allo sciopero delle donne il prossimo mese di giugno! Quest’uomo ha nel suo comune
    la responsabilità della sicurezza pubblica! Immaginate.
    O forse dipende dall’uomo grigio? Una persona che si dichiara dipendente del SEM tenta più volte
    di vietarmi le riprese video. Non ce la fa, deve arrendersi anche al pubblico in sala. Questo
    personaggio si avvicina continuamente alla polizia. E ogni volta che accade gli agenti prelevano
    qualcuno con la forza. Se non conoscessi la Costituzione (l’organo superiore della polizia è il
    Consiglio di Stato) potrei pensare che il corpo di polizia del Cantone sia agli ordini di un impiegato
    della Confederazione.
    Faccio la mia rimostranza ad un agente perché il violento viene lasciato tranquillo come se nulla
    fosse accaduto. Ecco che arriva l’uomo grigio. Ha la sua occasione per farmi portare via. E così
    accade. Vengo preso di forza da due agenti che mi trascinano fuori. La forza è tale che quasi non
    riesco a fare dei passi. Identificazione e bullismo è ciò che mi aspetta.
    Mentre attendo di riavere i miei documenti faccio presente all’agente che mi sorveglia a vista che
    devo terminare il mio lavoro. Che perlomeno dovrei recuperare l’attrezzatura, costosa e in gran parte
    non mia. Insisto. L’agente probabilmente pensa che debba mettere a frutto le ore di allenamento per
    i suoi addominali e pettorali. Dunque si avvicina e con un colpo di petto mi sbatte contro il muro. Io
    non reagisco e lui lo fa di nuovo e di nuovo. Gli chiedo se si senta meglio ora che ha sfogato la sua
    frustrazione. Sembra appagato.
    L’attesa continua e nel frattempo in sala ci sono altre contestazioni. Si sente il boato del pubblico
    rissoso. Una ragazza è trascinata fuori. Un poliziotto la tira a destra per il braccio, l’altro agente la tira
    a sinistra. Lei è sofferente e io intervengo. Chiedo di fare piano, di fermarsi, non sono l’unico, è un
    coro di proteste per la brutalità.
    Ad un agente scatta qualcosa nella testa. Mi sbatte contro la vetrata. Ne arrivano altri tre. Mi
    immobilizzano e mi storcono le braccia dietro la schiena per ammanettarmi. Chiedo di fare con
    calma perché non faccio opposizione. Dico loro che mi lascio ammanettare. Non serve, ormai gli è
    partito lo schizzo. Sembrano agire come un branco, con un proprio codice, un metodo che fa
    astrazione dalla situazione e va in automatico. Ho ancora male al gomito. Passerà.
    Mi portano dietro l’edificio, in una zona al buio. Comincia il teatrino del poliziotto buono. Con una
    certa dose di paternalismo e comprensione mi dicono che mi tolgono le manette se mi calmo. Io
    sono agitato per la situazione. Per la violenza che sto subendo. Spiego che mi passerà l’ansia dal
    momento che smetteranno con il trattamento. Mi viene fatto presente che ho superato i
    cinquant’anni e dunque non dovrei più fare certe cose. Certe cose. Forse si riferiscono alla pace dei
    sensi. Alla mia età parrebbe disdicevole non aver perso un certo senso di umanità.
    Via le manette mi viene imposto il divieto di rientrare. Poi spiegano. Possiamo condividere le sue
    motivazioni ma noi riceviamo ordini. Dobbiamo eseguire gli ordini. Qualunque essi siano
    aggiungono rispondendo alla mia domanda.
    Sono all’esterno e vedo portare nell’atrio altre persone. Qualcuno lasciato con calma avviarsi da solo,
    qualcuno trascinato con veemenza.
    Una ragazza mi riferisce di essere stata sollevata di peso e portata fuori a testa in giù, con il vestito
    ripiegatosi sulla testa a mostrare le mutande alla platea. E dei colpi ricevuti intanto sulla pancia. Non
    lo sa, non ha potuto rendersi conto. Forse calci.
    Penso che si sia trattata più che altro di un’azione molto goffa degli agenti. Almeno lo spero.
    Le cose sembrano tornate alla calma dunque chiedo di poter recuperare l’attrezzatura. Sono
    preoccupato. Se qualcuno urtasse il cavalletto i danni potrebbero essere ingenti. Insisto e chiedo ai
    poliziotti di farmi passare. Ricevo una spinta da tergo da uno di loro. Frano in avanti con le mani che
    istintivamente si preparano ad attutire il colpo e mi ritrovo appoggiato al poliziotto di fronte. Ho
    messo le mani addosso ad un poliziotto, secondo lui. Chiedo se è questo il metodo usato per
    costruire un reato.
    Adesso basta. Urla un tale con i gradi gettandosi su di me. Mi afferra la gola affondando il pollice
    sotto la mascella. Mi spinge fuori. Non voglio reagire e con quella presa forse neppure posso. Mi
    porta a sbattere contro il muretto basso all’esterno del Palapenz. Perdo l’equilibrio. Non cado perché
    la sua presa è ancora stretta. Quando mi restituisce il mio corpo cominciano le minacce. Ti
    spaccherei la faccia se potessi. Urla fuori di sé, totalmente privo di autocontrollo. Vieni qui che te la
    faccio vedere. Un atteggiamento quantomeno infantile. Siamo a meno di un metro di distanza
    quando mi urla in faccia questa provocazione. Cerco di restare tranquillo. Lui insiste. Fatti avanti. Gli
    dico che è facile per lui, indossa il blu, che qualunque cosa accada sarò io a commettere reato.
    L’agente scalmanato si strappa allora il grado dal velcro sul petto e lo getta per terra. E riprende ad
    urlare. Adesso va bene? Gli dico che dovrebbe vergognarsi. Il resto del branco lo circonda
    limitandogli i movimenti. Lo convincono a desistere. Mentre si allontana io pretendo che i colleghi lo
    identifichino. Che lui si identifichi. Spara un numero di identificazione, cinquezeroseicinque, che ha
    tutta l’aria di essere un’invenzione istantanea. Poi abbandona il luogo in furgone.
    Ho atteso fino al termine. Ho atteso che i convenuti si bevessero il bianchino di rito. Forzando un po’
    le cose, ho recuperato le apparecchiature e tutta l’attrezzatura, soprattutto grazie al prezioso aiuto di
    un cittadino.
    Non potendo intervistare Gobbi mi accontenterò del primo qualunque, anche fosse di scarsa
    caratura intellettuale e dialettica. Mi capita Robbiani. Prima rifiuta di rispondere e seccato mi
    spintona con entrambe le mani. Un signore. Forse si rende conto che potrebbe averla fatta fuori dal
    vaso, un’altra volta. Quindi si calma e si presta alle domande pur avviandosi frettolosamente all’auto.
    La Lega contesta il CAF. La lega promuove e sponsorizza il CAF. Mi può spiegare? È una farsa o
    è schizofrenia?
    Io difendo i cittadini del mendrisiotto. L’onorevole Gobbi fa il suo lavoro.
    Non ho capito. Serata alla fine. Accompagno per un tratto le persone che sono state estromesse per
    raccogliere le loro impressioni. Scatta un dispositivo di sicurezza. Sei o sette agenti ci seguono a
    distanza schierati su un largo fronte. Forse approfittano per esercitarsi. Forse ci ritengono pericolosi.
    La seconda ipotesi sembra più probabile. Durante la breve sosta in un piazzale, dove ascolto il
    commento su questi eventi, la pattuglia della cantonale passa a cadenza di un minuto. Nessuno è
    tranquillo. Come potrebbe?

Associazione ETC

Associazione ETC: un’associazione che è editrice del proprio giornale di informazione online www.eticinforma.ch (dallo storico www.ch-ti.ch – 11.04.2006) e pure del bimestrale cartaceo ETiCinforma Paper (numero zero apparso l’11 settembre 2016), che si occupa, tra le altre attività, anche di comunicazione, relazioni pubbliche, organizzazione come promozione di eventi. Una delle nostre specializzazioni è l’attività di ufficio stampa, di PR, di agenzia fotografica (anche per eventi come matrimoni, cerimonie, ecc.). Collaboriamo con molti media.

Promuoviamo molti progetti a valenza sociale e di solidarietà sul territorio a favore dei meno favoriti. EUREKA per il tuo benessere e RiGnam sensibilizzazione contro lo spreco alimentare.  Ogni due anni Incontro Gastronomico “Al nos mangee…” per valorizzare la Spampezia. IPSI è un progetto dopo Covid che tende a sostenere i piccoli commerci, artisti ed artigiani. Anche il Patrocinio in questioni dedicate ai consumatori a favore degli stessi e non solo è un tema di enorme interesse da parte di ETC. Per le vostre questioni e rivendicazioni, noi di ETC vi patrociniamo.

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