Dopo che il consigliere federale socialista Alain Bersait ha contribuito ad affossare l’iniziativa AVSplus lanciata dai sindacati, ora ci vorrebbe imporre a suon di ricatti catastrofisti una riforma del sistema previdenziale svizzero peggiorativa per i diritti dei lavoratori e soprattutto delle lavoratrici. I compromessi si possono fare, certo, ma non al ribasso. E il mantra pavido del “meno peggio” non ha alcun senso strategicamente, quando si parla di un tema come quello pensionistico per il quale il popolo svizzero ha spesso dimostrato molta sensibilità.
La Previdenza 2020 è un peggioramento della situazione odierna perché viene ridotto il tasso di conversione, il che comporta la diminuzione delle rendite del secondo pilastro del 12%. Il diritto al pensionamento anticipato viene ritardato di due anni. L’età di pensionamento per le donne sarà portata da 64 a 65 anni. Viene aumentata l’IVA, cioè la tassa anti-sociale per eccellenza che tutti pagano allo stesso modo, dal milionario a chi fatica ad arrivare a fine mese.
In cambio di tutto ciò ci promettono che le rendite AVS (ma solo per i nuovi pensionati) aumenteranno della miseria di 70 franchi e che ci saranno alcune migliorie per chi lavora a tempo parziale. Si tratta decisamente di una proposta squilibrata!
E’ inoltre sbagliato creare l’illusione nella popolazione che, con i sacrifici di questa controriforma, si eviterà l’attacco della destra padronale per aumentare ulteriormente l’età di pensionamento, o che – nientemeno – si potranno risolvere i problemi pensionistici del nostro Paese. Ciò non potrà mai essere il caso, infatti, finché non si rimetterà in discussione il sistema dei tre pilastri. Il Partito Comunista ribadisce la necessità di mettere un freno allo strapotere delle casse pensioni private che fanno profitti sulle spalle dei salariati, e di procedere verso il rafforzamento dell’AVS come chiedeva l’iniziativa comunista per pensioni popolari del 1972.
Partito Comunista
M. Ay, segretario politico