Ci confrontiamo giornalmente con persone che hanno voglia di lavorare e che non vengono assunti preché il mercato chiede persone altamente qualificate a costi altamente bassi. Non dobbiamo prenderci in giro, lo abbiamo sentito l’altro giorno alla TV dove un imprenditore importante affermava che se si presenta un venditore AFC residente o un laureto in vendita e marketing italiano, la scelta ovvia, in quanto la posizione è venditore, cade sul frontaliere. E affermava che il salario è uguale per il residente e il frontaliere. Se questa è la dinamica dell’etica del lavoro, aiuto… Vi è un piccolo dettaglio che comunque il laureato italiano dovrebbe essere paragonato ad uno stesso laureato residente, per cui chi assume un laureato fa mobbing e sottopaga rispetto le qualifiche. Evidente che questo modus operandi non favorisce il lavoro ai residenti, ma favorisce spudoratamente manodopera estera a discapito dei “prima i nostri”.
Poi vi sono anche alcuni residenti, e noi li conosciamo in quanto cerchiamo tramite i nostri buoni uffici di metterli in relazione con datori di lavoro, che non accettano proposte lavorative dignitose. Sommando tutte le situazioni possiamo affermare senza smentita di parte che il mondo del lavoro in Ticino necessita forse maggiori controlli del rispetto delle regole e se non necessario nuove regole. Chi non accetta lavori anche parziali e si trova al beneficio dell’assistenza o della disoccupazione, non dovrebbe percepire più nulla, mentre chi assume in posizioni simili persone maggiormente qualificate non riconoscendone le qualifiche dovrebbe essere sanzionato e gli uffici preposti non dovrebbero avvallare contratti di lavoro che giocano sull’interpretazione delle direttive. Ma tantè ci troviamo con sindacati che invece di difendere i lavoratori, inoltrano referendum perché finalmente si è chiamati a votare aiuti sostanziale alle famiglie in difficoltà. Che il mondo girava al contrario lo si sapeva ma che i ruoli di parte si invertissero questa poi… (ETC/rb)