Care amiche, cari amici, buona domenica!
I nostri complimenti a tutte le atlete e gli atleti che in queste settimane si stanno sfidando nei tanti tornei che si disputano a fine estate. In particolare segnaliamo le tante medaglie conquistate agli Europei 2022 degli sport acquatici e ai campionati europei di Monaco, manifestazioni che si concludono quest’oggi. Anche per chi non è un appassionato di sport diventa difficile non rimanere attaccati al televisore a vedere queste imprese sportive. Tante giovani e tanti giovani che con sacrificio, passione ed entusiasmo lottano per raggiungere un obiettivo: sanno che il podio premierà solo tre di loro, ma questo non gli impedisce di lavorare sodo per essere vincenti. E non possiamo che ritenerli, tutti e tutte vincenti, con o senza medaglia.
Sintesi della settimana ed evoluzione
Questa settimana la nostra sintesi dell’Economia con Amalia inizia con uno sguardo alla situazione internazionale. Come sempre sono i temi dei prezzi e dell’inflazione che la fanno da padrona. Dopo che la settimana scorsa avevamo segnalato un certo rallentamento per la situazione negli Stati Uniti e in alcune nazioni europee, oggi siamo confrontati con dati di altre realtà molto preoccupanti. L’aumento dei prezzi in luglio in Gran Bretagna è stato a due cifre: +10.1%. Mai così negli ultimi 40 anni. E non finisce qui: i consumi si sono ridotti del 3.4%, i prezzi alla produzione sono aumentati del 17.1%, mentre il Prodotto Interno Lordo (PIL) tra aprile e giugno si è ridotto dello 0.1%. Non a caso la Banca d’Inghilterra (BoE) prevede che il Paese entrerà in recessione (due trimestri di fila di crescita negativa del PIL) al più tardi nel quarto trimestre. Del resto la fiducia dei consumatori è ai minimi storici. Ma nemmeno l’Unione Europea può sorridere: il suo tasso di inflazione è salito al 9.8%. Rispetto a giugno l’inflazione è aumentata in ben 18 nazioni su 27; magra consolazione che sia diminuita in 6 stati membri e rimasta stabile negli altri 3. Gli aumenti dei prezzi riguardano sempre il settore energetico, ma anche gli alimentari i servizi e i beni non energetici. Anche in questo caso la banca Centrale Europea (BCE) non esclude una recessione a breve.
E chi sarà chiamato a breve a fare i compiti nell’ambito delle finanze pubbliche è sicuramente il nuovo governo in Italia. La Banca d’Italia ha comunicato che nel mese di giugno il debito pubblico ha raggiunto il livello assoluto più alto nella storia del Paese, arrivando a 2’766.4 miliardi di euro (circa 2’660 miliardi di franchi). Per avere un termine di paragone, il valore di tutti i beni e servizi prodotti in Italia nel 2021 (PIL) è stato di circa 1’780 miliardi di euro (rapporto debito/PIL del 156% circa). Abbiamo sempre sostenuto che la regola del Patto di stabilità dell’Unione Europa che prevede un rapporto tra debito e PIL al massimo del 60% (di fatto mai applicata) non si basa su vere ragioni economiche, anche se può avere un’utilità come indicatore per monitorare la sua evoluzione. Ma questo ancora non significa che il debito pubblico può correre all’infinito (qui un articolo). Certo, la spesa pubblica è lo strumento più importante nelle mani dello Stato per sostenere l’economia in momenti di difficoltà: attraverso le politiche fiscali mirate si può uscire davvero da una crisi economica limitando i danni per le persone e le aziende. Diverso è però il caso in cui un’economia diventa quasi “dopata” dalla spesa pubblica. Più volte in questi anni nei nostri scritti abbiamo dubitato dell’efficacia di alcuni sussidi e contributi pubblici italiani; pensiamo alle sovvenzioni per le terme, gli sconti fiscali per le spese veterinarie, per i condizionatori o per le ristrutturazioni degli edifici. Ora la situazione inizia a essere più preoccupante. Se è vero che una fetta rilevante del denaro arriva da contributi europei, non dimentichiamo che questi avevano come scopo lo stimolo per una crescita sostenuta del paese. In questa situazione di inflazione e di possibile rallentamento economico generalizzato diventa difficile ambire ai risultati previsti in precedenza. In aggiunta, è molto probabile che la Banca Centrale Europea (BCE) nella sua prossima seduta di inizio settembre decida di aumentare ulteriormente i tassi di interesse di almeno 0.5 punti percentuali. Fatto questo che si ripercuoterà inevitabilmente sul costo del debito pubblico italiano. Per farla semplice, se l’interesse aumenta e il debito su cui pagare l’interesse diventa sempre più grande, andiamo incontro a una situazione sempre più difficile da gestire. E nessuno vuole, soprattutto in campagna elettorale, parlare di riduzione dei servizi pubblici o di aumento delle imposte. Peccato che non siano molti altri gli strumenti in mano al prossimo governo.
Governo, ma questa volta svizzero, che sempre più è chiamato a prendere posizioni su temi importanti come la possibile carenza energetica a cui andremo incontro nel prossimo autunno e la forza del franco svizzero. Entrambi i temi toccano sia i cittadini che le imprese. Per quanto riguarda le industrie, la preoccupazione nel primo caso è che la maggioranza delle aziende non può permettersi di interrompere il processo produttivo a causa dell’interruzione, anche se programmata, della corrente elettrica. In effetti, per il momento, dal Consiglio Federale gli unici strumenti di intervento incisivo che sono stati annunciati per rispondere a una possibile penuria di elettricità sono l’interruzione dell’erogazione della stessa pianificata nei tempi e nelle regioni. Ma questa risposta non trova il consenso delle imprese. Consenso che inizia a mancare anche nell’affrontare la questione del franco forte. A differenza di alcuni noi riteniamo che non per forza il franco forte sia stato storicamente fonte di svantaggio: dal prezzo minore delle importazioni alla spinta per una concorrenza sulla qualità, i vantaggi non sono mancati. Naturalmente questa considerazione si riferisce soprattutto alle imprese di esportazione di grandi dimensioni. Anche per questo, a nostro avviso, al momento la Banca Nazionale non dovrebbe intervenire massicciamente sul tasso di cambio, anche perché l’evoluzione di alcune valute, come il dollaro, ha dato segnali incoraggianti. In aggiunta, più che di forza del franco svizzero, sarebbe corretto parlare di debolezza dell’euro che però nasce da una debolezza, in questo momento, della stessa Unione Europea. Su questo poco possono fare la autorità monetarie svizzere. Probabilmente un aumento dei tassi di interesse da parte della BCE potrà dare un po’ di ossigeno a questa situazione. Non dimentichiamo che finora la Banca Nazionale attraverso le sue decisioni indipendenti ha ottenuto ottimi risultati (qui un articolo recente). Discorso diverso è l’intervento mirato di sostegno che potrebbe essere necessario da qui a qualche mese; in questo caso sta alla politica trovare le misure mirate per sostenere le piccole e medie imprese se la situazione dovesse rimanere tale.
E di situazione che è cambiata abbiamo parlato nel nostro articolo settimanale “Commercio estero: bene, ma non benissimo”. In effetti, senza creare troppi allarmismi abbiamo commentato la riduzione nel mese di luglio delle esportazioni e delle importazioni svizzere cercando di definirne le cause e di immaginare cosa accadrà in futuro. Del tema abbiamo discusso anche nel telegiornale della RSI del 18 agosto con Mattia Coste che ringraziamo (qui il link, a partire dal minuto 6.30).
Trovate qui gli articoli della settimana:
Commercio estero: bene, ma non benissimo
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
L’inflazione rallenta: tutto passato? Non ancora
L’economia e la scuola
Unione Europea: L’inflazione cresce, il PIL si riduce
Ticino: primo in classifica … per povertà e debiti
Proverbiali mosse impreviste della Banca Nazionale Svizzera
Cosa ne sarà dell’identità svizzera se perdiamo anche il Toblerone?
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Commercio estero: bene, ma non benissimo
L’inflazione rallenta: tutto passato? Non ancora
L’economia e la scuola
Unione Europea: L’inflazione cresce, il PIL si riduce
Ticino: primo in classifica … per povertà e debiti
Proverbiali mosse impreviste della Banca Nazionale Svizzera
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
L’economia con Amalia by Amalia1978