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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Oggi è l’ultima domenica dell’avvento e così possiamo accendere la quarta candela della nostra corona. L’inverno pian piano sta arrivando: le temperature si abbassano e i cieli si tingono di colori meravigliosi. Gli scenari mozzafiato che ci regala la natura mescolati alle lucine colorate degli addobbi natalizi ci riempiono il cuore portandoci un po’ di pace. E in attesa che il bambin Gesù arrivi nei presepi, vi faccio i miei più cari auguri di trascorrere un sereno Natale con le persone che amate e che sono ancora con noi.
La nostra Newsletter (e io con lei 😉 si prende qualche giorno di vacanza, ma non disperate: ci rivediamo nell’Anno Nuovo con tante sorprese! (Ah, dimenticavo: su Instagram troverete quotidianamente un video-reel di 30 secondi con una notizia flash di economia)
Sintesi della settimana ed evoluzione
Apriamo la nostra sintesi settimanale con le notizie purtroppo per nulla rassicuranti della ripresa della diffusione del Covid-19. Molte nazioni hanno già introdotto limitazioni e restrizioni. Ultima in ordine di tempo l’Olanda che ieri ha decretato un nuovo lockdown con chiusure di ristoranti, bar, attività sportive, teatri e negozi non essenziali. E tanti altri Paesi hanno inasprito l’accesso al loro territorio. Sappiamo già che anche l’economia soffrirà di questa situazione. I segnali di rallentamento c’erano già, ma erano principalmente dovuti alla paura e all’incertezza delle persone. Con le chiusure i segnali si trasformeranno in realtà. Anche se in Svizzera per il momento le misure adottate sono piuttosto blande, questo non significa che le attività non siano in difficoltà, anzi. Sono ancora tanti i settori economici che non si erano ancora riprese pienamente. Pensiamo ai piccoli commercianti, alle aziende di trasporti privati, alle palestre o al settore degli eventi in generale. Che dire poi del settore del turismo. Se è vero che l’estate in Ticino è andata molto bene, non si può pensare che questi mesi possano compensare le perdite dell’anno scorso e quelle che arriveranno ora. Forse si è esultato troppo presto e lo Stato sarà chiamato nuovamente ad aiutare l’economia. Speriamo che la Svizzera, che può permetterselo, agisca per tempo. Certo è che queste previsioni di rallentamento mescolate alle pressioni sui prezzi che continuano ad aumentare non ci fanno ben sperare. Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (BCE) ha comunicato che le previsioni di inflazione per l’anno prossimo nell’Unione (UE) saranno del 3.2% (quasi il doppio rispetto a quanto preventivato pochi mesi fa). Fatto questo che però non cambia la politica monetaria europea che per il momento non prevede aumenti del tasso di interesse per l’anno prossimo. Manovra contraria rispetto a quanto dichiarato proprio qualche giorno prima dalla Banca Centrale degli Stati Uniti d’America (FED) che ritiene ragionevole aumentarli almeno tre volte nel corso del 2022. Questo per assicurare una crescita economica rallentando la corsa dei prezzi.
E di prezzi alti ha parlato questa settimana anche l’Ufficio Federale di Statistica. Indovinate un po’ chi si classifica al primo posto delle nazioni più care? Naturalmente la Svizzera, con prezzi superiori del 60% rispetto alla media europea. Una notizia questa che non fa più notizia, ma che merita di essere analizzata un po’ più in profondità. La rilevazione si fonda sull’indice del livello dei prezzi che cerca di definire il rapporto dei prezzi di un prodotto identico in Paesi diversi. Questo indicatore è utilizzato soprattutto in due casi: quando un collaboratore della stessa azienda si trasferisce da un Paese all’altro ed è necessario adeguargli lo stipendio al livello dei prezzi in quel paese e quando si devono determinare gli alimenti da versare a un ex-coniuge o a un figlio all’estero. Per fare il paragone dei prezzi si mette il valore dei prezzi medi dei 28 paesi appartenenti all’Unione Europea a un livello pari a 100. E poi si paragonano le altre nazioni. La Svizzera ha un indicatore di 159.3; da qui, il fatto che mediamente i prezzi in Svizzera siano maggiori del 60%. Seguono l’Islanda (+45%) e la Norvegia (+41%). Ma anche il paragone con i Paesi a prezzi bassi stupisce. Al primo posto la Turchia (-60%), seguita da Macedonia (-55%) e da Montenegro (-50%). In queste e in tante altre nazioni si spende quindi la metà di quanto spenderemmo nell’Unione Europea. Ma questo vuol dire che si vive meglio in questi Paesi? Non proprio. Nella nostra riflessione mancano delle componenti molto importanti. Innanzitutto la qualità dei beni e dei servizi consumati. Pensiamo alla salute: in Svizzera i prezzi sono tre-quattro volte superiori a quelli della Grecia, dell’Estonia o della Lettonia. Ma possiamo davvero dire che il servizio sia lo stesso? Oltre a questo c’è un altro fattore che stiamo dimenticando, forse anche più importante: il livello dei redditi. Quando parliamo di quanto si spende dobbiamo sempre tener conto di quanto si guadagna. Questo perché ciò che interessa al consumatore non è il prezzo assoluto, quanto piuttosto la sua possibilità di consumare effettivamente quei prodotto. E qui entra in gioco il reddito. Così la notizia perde un po’ di clamore e viene relativizzata. In effetti, rapportando il salario mediano netto disponibile emerge che in Svizzera si guadagna circa due volte e mezzo quanto si guadagna nella media dei 28 paesi UE. E se proprio vogliamo essere ancora più precisi, dobbiamo includere nella nostra analisi il ruolo dello Stato: per esempio in alcuni Paesi le spese per la sanità o per l’istruzione sono gratuite, mentre in altri no.
Un settore in cui lo Stato è totalmente assente o quasi è quello legato al mondo dei Non-Fungible Token (NFT). Molti di voi si staranno chiedendo di cosa parliamo. È la stessa reazione che ho avuto io leggendo un titolo che diceva più o meno così “Prezioso NFT venduto per errore a 0.75 ETH”. Mi sembrava un enigma linguistico e quindi mi sono documentata. Gli NFT sono dei certificati di autenticità digitale che garantiscono il diritto di proprietà di un bene non replicabile. Spieghiamolo in parole semplici. Il nome Token indica che siamo nel mondo delle informazioni digitali e che quindi ci riferiamo a una sorta di codice che definisce uno specifico “documento”, sempre digitale (come le criptovalute). L’aggettivo Non-Fungible indica che si parla di un bene non replicabile, non sostituibile (pensiamo per esempio nel mondo dei beni reali a un quadro originale di Picasso). Mettendo insieme queste definizioni gli NFT sono delle informazioni digitali che appartengono a un solo individuo il cui bene è non replicabile. Gli NFT iniziano a diffondersi nel 2017 grazie a CryptoKitties, un gattino virtuale di cui ci si deve occupare sulla falsariga del nostro vecchio pulcino Tamagotchi. Oggi quei gattini virtuali arrivano a valere anche 250 mila franchi. Da quel momento il mercato degli NFT è cresciuto notevolmente. Oggi si compera e si vende di tutto. Nel mese di marzo la celebre casa d’aste Christie’s ha venduto un’opera d’arte digitale per 69 milioni di dollari (ca. 63 milioni di franchi). Un’opera che esiste solo in formato jpg e che potete vedere solo con un dispositivo. Ma non finisce qui. Questa settimana Vodafone ha comunicato che venderà come NFT il primo sms inviato nella storia. Era il 3 dicembre del 1992 quando è stato mandato il primo “Merry Christmas”. Video di azioni di basket, canzoni, tweet, interviste a personaggi famosi, opere d’arte, videogiochi: tutto trasformato e venduto come NFT. Queste transazioni si svolgono nel mondo delle criptovalute e in questo caso principalmente sulla piattaforma Ethereum; da qui il prezzo in ETH. E se anche voi avete degli ETH da investire vi suggeriamo la moda del momento: l’acquisto dell’immagine di una delle 10’000 scimmiette simpatiche vendute da Bored Apes Yacht Club: il prezzo parte da 200 mila franchi. Eppure per molti questa nuova “finta-realtà” non è altro che una nuova reale possibilità di evasione fiscale e di riciclaggio.
Chiudiamo con il nostro articolo settimanale in cui spieghiamo perché sono “Tutti ambientalisti in economia oggi…”. I temi della giustizia sociale, della disuguaglianza, del rispetto per l’ambiente sono stati per alcuni economisti al centro dei loro lavori da sempre. Spesso questi sono stati derisi e messi da parte nelle comunità accademiche. Oggi invece questi temi sembrano essere diventati la preoccupazione anche degli economisti neoclassici. Coloro che fino a qualche anno fa insegnavano e predicavano il profitto ad ogni costo, paiono quindi essersi convertiti. Ben venga se questo serve a trovare finalmente soluzioni e non è solo un tentativo disperato di rimanere a galla.
Trovate qui gli articoli della settimana:
Tutti ambientalisti in economia oggi…
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Che tempo farà l’anno prossimo? L’incertezza regna in economia
Piccole e medie imprese: Grazie!
La tempesta perfetta
Il calendario dell’avvento ci porta… il salario minimo!
L’emigrazione giovanile impoverisce il Ticino
120 secondi
Non avete voglia di leggermi? Nessun problema: potete guardarmi e ascoltarmi. Trovate i mini video di spiegazione qui e su Instagram (qui).
TikTok
E che dire delle pillole di economia di un minuto su TikTok? A voi il giudizio! Trovate “L’economia con Amalia” (AmaliaMirante555) qui: https://vm.tiktok.com/ZMdg6eHsb/
L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
Ascoltami
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Tutti ambientalisti in economia oggi…
Che tempo farà l’anno prossimo? L’incertezza regna in economia
Piccole e medie imprese: Grazie!
La tempesta perfetta
Il calendario dell’avvento ci porta… il salario minimo!
In attesa di quello che ci riserverà l’economia, vi auguro serene festività!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante