A Losone l’affissione di uno striscione pubblicitario è stato il pretesto per attaccare il lavoro della polizia e del Comune
La votazione popolare sul destino del Parco Nazionale del Locarnese si avvicina. Il 10 giugno gli abitanti di otto Comuni del Locarnese (Ascona, Bosco Gurin, Brissago, Centovalli, Losone, Onsernone, Ronco s/Ascona, Terre di Pedemonte) saranno chiamati alle urne per decidere su quello che potrebbe essere il primo Parco nazionale in Ticino.
Mancano ancora alcuni mesi alla votazione, ma fautori e contrari sono già nel vivo delle loro campagne. Appesi ai balconi e alle finestre per le strade del Locarnese sono iniziati ad apparire anche i relativi striscioni pubblicitari.
Proprio uno di questi striscioni è stato oggetto, negli scorsi giorni, di una controversia. L’inquilina di un’abitazione aveva infatti affisso uno striscione contro il parco senza il permesso della proprietaria, la quale ha quindi contattato la polizia per richiedere informazioni sulla procedura da seguire.
Gli agenti, verificato che non era stata presentata la notifica prevista dalla Legge cantonale sugli impianti pubblicitari, hanno quindi invitato l’inquilina a inviare la comunicazione al Municipio, cosa poi prontamente avvenuta.
Tutto risolto? Così sembrava. Ma alcune persone hanno approfittato dell’occasione per attaccare la polizia e accusare il Comune di Losone di censura. Eppure lo striscione è al suo posto e la polizia ha solo ricordato alla persona interessata il rispetto delle procedure previste dalla legislazione cantonale.
Il Municipio coglie l’occasione per ribadire che, alle condizioni poste dalle normative vigenti, e fatti salvi eventuali motivi di sicurezza che dovessero impedirne la posa, è completamente a favore della libera e rispettosa espressione delle diverse opinioni, coll’auspicio che ciò sia segnale di democratica partecipazione alla cosa pubblica e non, al contrario, pretesto per inutili polemiche.
Pertanto il Municipio di Losone si distanzia fermamente, nel caso concreto, dalla strumentalizzazione (con tanto di accusa di censura) fatta sui social media da parte di fautori del “No al Parco”.