I Verdi del Ticino hanno inviato al DECS le loro osservazioni sul progetto “La scuola che verrà”.
In sintesi condividono la necessità di una riforma della scuola dell’obbligo ma vedono nella proposta della “scuola che verrà” – così come in alcuni cambiamenti già in atto nel sistema scolastico – alcuni rischi.
L’ulteriore frammentazione del percorso scolastico – con il rigido susseguirsi di lezioni disciplinari, laboratori, atelier e “settimane blocco” – rischia di impoverire la relazione pedagogica tra allievi e docenti e di far perdere il senso complessivo dell’esperienza scolastica. Anziché liberare le energie di chi la scuola la fa e la vive (allievi e docenti), si finisce per comprimerle in una nuova e più complessa gabbia.
Già le tendenze in atto orientano la scuola verso una concezione utilitaristica del sapere, assai lontana da quel “piacere della conoscenza” che dovrebbe caratterizzare l’esperienza scolastica. Il concetto di “personalizzazione”, proposto confusamente dalla riforma, rischia di accentuare questa visione utilitaristica. Inoltre, questa scuola della “personalizzazione” potrebbe finire per certificare le differenze di partenza, invece di ridurle come auspica il progetto.
In conclusione: l’idea di una riforma e l’avvio di una discussione sulla scuola sono necessarie e benvenute. Le soluzioni proposte lasciano perplessi, sia perché non sono accompagnate da una riflessione compiuta sul senso della scuola, sia perché, per varie ragioni, rischiano di rafforzare alcuni preoccupanti caratteri di fondo della nostra epoca: l’aumento delle disuguaglianze, la concezione utilitaristica dell’esistenza, la compulsione consumistica, l’appiattimento sul presente.