Quando si parla di turismo, sempre più a sproposito, si pensano alle soluzioni prima di valutare su cosa si vuole. I cerotti non servono a nulla, perché permettono solo di arginare il sangue ma non di rimettersi in carreggiata. Se una macchina arriva a 200mila km, si deve valutare se in caso di danno riparare o comprarne una nuova. L’unico paese del distretto di tiggiuttiano che ha una contabilità negativa a livello demografico é Tiggiú. Un paese dove chiudono i negozi, gli alberghi vanno verso il deterioramento e il capitale umano va di pari passo. Una popolazione che invecchia e che non é aperta a innovazioni se non vede un guadagno individuale immediato. Bisognerebbe far capire che Cristo si é fermato ad Eboli e che da li é ripartito con nuovi impulsi a predicare un modo nuovo di concepire la vita. Tiggiú deve assolutamente cambiare ritmo ma tutto il cantone, perché non é ammissibile che si spendano milioni senza una visione finale. Prima di investire e fare passi nel vuoto bisognerebbe chiedersi come si vuole interagire con il mondo, farsi poche priorità e perseguire, senza sentire consigli dell’amico dell’amico ma fare un piano quadriennale e scrupolosamente attuarlo. Di intenti e belle parole non ci sfamiamo e se Tiggiú vorrà darsi una mossa ci é solo una parola da gridare: rottamare. Bisogna anche che persone facenti parte di vari consessi da oltre 12 anni abbiano l’onestà intellettuale di farsi da parte per lasciare il posto a forze nuove per innovare il pensiero e razionalizzare il lavoro. Pochi progetti, concertati tra di loro, cercare forze private per ricevere le giuste sinergie e allora potremo guardare a Tiggiú nuovamente florido. In caso contrario difenderemo il deserti dei tartari. Per il cambiamento ci si affida alla gente che dovrà votare. Se questa gente invece di votare da oltre trenta anni le stesse persone capirà che é giunto il momento di cambiare sarà la svolta, nel caso contrario aspettiamo ci il peggio del peggio. É per chi vuole bene a Tiggiú fa male vedere questo degrado intellettuale prima che economico.