“La cena è finita. Piatti gustosi e ottimi vini. Ma manca qualcosa. Un profumo, un aroma, un sentore di calore. Manca un sorso di gioia famigliare, di un abbraccio amichevole, di un frivolo pensiero di libertà. Manca il sapore di una buona grappa!”. E’ strano come nella parlata comune si possano, in un solo termine della lingua, riassumere secoli di storia, di tradizioni, di cultura, di arte vera e propria. Si perché nel dire semplicemente “Grappa” in realtà citiamo l’evoluzione della distillazione che ha accompagnato il cammino dell’uomo per secoli e secoli. Sia chiaro, quando si parla di distillazione non ci limitiamo alla sola grappa, ma per un italiano distillazione è sinonimo di grappa. La grappa è il distillato italiano per eccellenza.
Una domanda: cos’è la grappa? La grappa è quella bevanda alcolica che si produce dalla distillazione della vinaccia. Esclusivamente vinaccia, ovvero le bucce e i vinaccioli che ci restano dopo aver spremuto l’uva per la produzione del vino. Otteniamo dunque la grappa distillando la vinaccia. Tutto torna. Ma andiamo con ordine. La distillazione affonda le sue radici nella più remota antichità, giungendo a noi dall’Asia, attraverso la Grecia, l’Egitto, per arrivare ai Romani. Nel medioevo era per lo più attività ai fini medicamentosi ed è nel XVI secolo che si trasforma per il consumo in qualità di bevanda. La grappa invece con molta probabilità la si produceva nelle regioni dell’est Italia già nel 1400, ma dobbiamo attendere il 1600 per parlare di distillazione della vinaccia. La parola, il termine “Grappa” è entrato definitivamente in uso alla fine del diciannovesimo secolo.
Per distillare occorre la giusta attrezzatura che tradotta, anche in questo caso, in un solo termine della lingua, si chiama: “Alambicco”. Un alambicco è composto da differenti parti essenziali per la sua funzionalità. Caldaia, colonna, serpentina… Possiamo avere due metodi di distillazione: continuo e discontinuo. Non mi dilungo nel raccontare la fasi tecniche di questa straordinaria, quanto affascinante, arte ma piuttosto mi soffermo sulla fondamentale bravura del “Mastro Distillatore”. E’ lui infatti a sapere quando tagliare la testa e la coda, quando la vinaccia rilascia sostanze cattive, quando e come decidere la qualità della sua grappa. E’ lui l’artista!
La bravura però può non bastare. Occorre avere una buona materia prima, vinaccia fresca, ottenuta da uve aromatiche, profumate che godono di un buon equilibrio del clima, con una escursione termica ottimale, in modo tale da avere profumi e aromi tipici. Bisogna poi distillare nei tempi giusti, prima di Natale (fatta eccezione per la vinaccia proveniente da uve in appassimento per vini come l’Amarone), proprio per mantenere la freschezza iniziale della materia prima.
Questa miscela fondamentale di fattori necessari per la produzione di una grappa di altissima qualità si traduce ancora una volta in una sola parola della lingua: “Trentino”. Una delle regioni italiane più vocate per la produzione della grappa è proprio il Trentino. Qui, conti alla mano, viene difatti prodotto il 10% dell’intera produzione nazionale. In un passato non poi tanto remoto, quanto questa terra dipendeva dall’Austria, distillare vinaccia era nella logica di molte famiglie.
I vini si producevano per i ricchi e per la chiesa, ai contadini rimaneva la vinaccia che, con l’aggiunta di acqua dava un vinello leggero, ma distillata dava grappa, usata regolarmente come alimento di sostentamento. Tutto sommato a Vienna andava bene così! Un tradizione che è dunque rimasta e che è stata spunto di primo piano per la nascita di pregiate distillerie. Tra le tante la Marzadro, attiva dal 1949.
Nell’immediato dopoguerra in Trentino regnava sovrana la povertà, molte le giovani ragazze che dovettero emigrare e andare a servizio presso le famiglie più agiate; mentre ai ragazzi rimaneva la terra e tanta fatica per campare. Una di queste fanciulle fu Sabina Marzadro. Sabina rimase per dodici anni a Roma a servizio preso la famiglia di un deputato, rientrando a casa soltanto dopo la morte della mamma di quest’ultimo. Al rientro, con il fratello Attilio, cercò di comprendere cosa fare per vivere meglio sfruttando ciò che c’era di disponibile. La vinaccia buona, quelle delle ottime uve locali non mancava e allora perché non distillare? Alla ricerca dunque di un alambicco e poi tanto, tanto lavoro, passione e caparbietà. Oggi la Marzadro è alla terza generazione, la sua sede a Nogaredo è una bellissima struttura dove vengono prodotte grappe eccellenti da vinacce tipiche del territorio trentino e in parte veneto per alcune espressioni monovitigno come l’Amarone. Grappe giovani, invecchiate, stravecchie, aromatiche, aromatizzate. La distilleria è visitata da migliaia di turisti e amanti della grappa ogni anno, è leader di mercato in Italia ed esporta in vari paesi. Le sue espressioni della distilleria sono motivo di orgoglio e fanno indiscutibilmente parte del paniere delle eccellenze italiane.
Tra le tante etichette “Anfora” una grappa morbida, dal gusto rotondo e dall’aroma avvolgente che riposa in anfore di terracotta. Una tecnica nuova per uno dei contenitori più antichi conosciuto dall’uomo. Un mix di creta e argilla proveniente da Montelupo e Impruneta località toscane note per la lavorazione della terracotta e delle ceramiche fin dal medioevo. Una tecnica innovativa per i distillati che in Marzadro hanno voluto sperimentare ottenendo risultati entusiasmanti. Con le anfore si ha difatti una micro ossigenazione doppia rispetto alle botti di legno, e questo consente di arricchire la grappa di morbidezza ed eleganza. Gustiamo il sapore dell’invecchiamento senza le note del legno. Straordinaria davvero. “Anfora” è soltanto una delle grappe a firma Marzadro, così come la Marzadro è una delle tante distillerie trentine che continuano a lavorare con serietà e devozione. Una trentina di loro aderisce al lavoro dell’Istituto Tutela Grappa del Trentino in modo da garantire al consumatore origine e qualità.
Si, adesso la cena è finita. Salute a tutti, con un buona grappa italiana…stasera trentina!
Fabrizio Salce