Il Kiwi è un frutto che viene da molto lontano, dalla parte meridionale della Cina dove già secoli fa era particolarmente apprezzato dagli imperatori; il Gran Khan lo considerava una vera prelibatezza. Appartiene alla famiglia delle actinidiaceae (actinidia) ed è una pianta originaria dello Yang-tze dove vive spontanea. Bisogna attendere il 1800 per vedere il Kiwi varcare i confini dal grande paese asiatico e ciò avviene per mano di un collezionista della Società Britannica Reale di Orticoltura che spedisce in patria alcuni frutti e i loro i semi. Le prime coltivazioni si registrano infatti nel circondario di Londra. In Italia arriva poco più di cento anni fa e trova favorevoli condizioni climatiche e di suolo in alcune aere. Una di queste, che diventerà nel tempo un importantissimo polo produttivo, è situata nel Lazio in provincia di Latina. Qui i terreni, la posizione geografica, la vicinanza del mare permettono una coltivazione su larga scala che, con le produzioni delle altre zone vocate, come per esempio la provincia di Cuneo, consentono all’Italia di essere, dopo la Cina stessa, il secondo produttore del mondo di Kiwi. Altri due paesi da ritenersi grandi produttori sono la Nuova Zelanda e il Cile. Si raccolgono i frutti della varietà più precoce nel mese di settembre, mentre la cultivar più presente la Hayward (95% della produzione italiana) vede il momento di raccolta a partire dal mese di ottobre. Poi, grazie alla conservazione dei frutti in grandi frigoriferi a temperatura controllata (zero gradi), lo si lavora fino alla fine del mese di maggio. L’esterno del frutto a forma ovoidale vede la presenza di una buccia opaca leggermente pelosa, mentre all’interno, il frutto vero, è di un bel colore smeraldino con un cuore chiaro arricchito da piccoli semi scuri. Il sapore è un buon mix di dolce e acidulo. Il Kiwi è mediamente calorico, 100 grammi di polpa corrispondono all’incirca a 50 kcal, al contempo è una discreta fonte di fibra, di zuccheri, di potassio e di molta vitamina C. Ottimo regolatore della funzione intestinale è un buon alimento per l’apporto dei minerali e utilissimo per le notevoli proprietà anti ossidanti. Per la sua coltivazione in campo si mettono a dimora sia piante femmine che piante maschie con un media di un maschio per ogni quattro/cinque femmine. Ottimo da mangiare come frutto semplice si presta altrettanto bene sia in cucina, nella pasticceria in particolare, che nella cosmesi. Per esempio, abbinato ad altri elementi come il miele, l’olio, l’arancia, è un ingrediente utile per la realizzazione di maschere per il viso a beneficio della pelle. Altri abbinamenti lo vedono protagonista con le fragole o con l’argilla (consultare gli esperti per dosi e abbinamenti definitivi). Per il suo impiego nelle ricette in genere siamo abituati a vedere il Kiwi come elemento di guarnizione per dolci, specialmente crostate, oppure usato per la preparazione di sciroppi e liquori, o ancora per le marmellate, ma in realtà lo possiamo utilizzare anche per svariati piatti. Per esempio se lo riduciamo a purea lo possiamo abbinare alla carne di maiale o alla selvaggina. In Nuova Zelanda è uso cucinare la bistecca (Auckland Steak) dopo averla lasciata riposare su alcune fette di Kiwi. Inoltre può essere un buon compagno per condire degli sfiziosi primi piatti o per accompagnare ricette di pesce. Per un consumo intelligente del nostro frutto dobbiamo accertarci che sia pronto come livello maturazione. Il Kiwi deve presentarsi leggermente morbido sotto i polpastrelli delle dita. Se i frutti sono duri significa che non hanno terminato il processo di maturazione, processo che possiamo accelerare andando a mettere i Kiwi all’interno di un sacchetto di plastica in compagnia di pere, mele o anche banane. Quando invece sono ben maturi li possiamo conservare in frigorifero per qualche giorno. Facilmente digeribile il Kiwi è dunque un frutto al quale non si sbaglia accostarsi, anzi, un uso continuativo e costante non può che farci bene. Curiosità personale: tra i piatti che ho assaggiato preparati anche con il Kiwi, segnalo le capesante.
Fabrizio Salce