Scontro Zali – Regazzi: le ragioni di chi sta al fronte per il bene comune
Le scintille scoppiate fra il Consigliere di Stato Claudio Zali e il Presidente della FCTI Fabio Regazzi durante la recente assemblea della Federazione Cacciatori Ticinesi hanno sollevato per l’ennesima volta il problema dei danni all’agricoltura e alla natura provocati dagli ungulati nel nostro Cantone.
Oggetto del contendere sono state le dichiarazioni poco opportune del Presidente Regazzi in un’intervista rilasciata alla vigilia dell’assemblea del sodalizio da lui presieduto, nella quale egli ha sollevato diverse obiezioni sulla gestione della problematica da parte del Dipartimento del Territorio.
Fra i vari quesiti il Presidente della Federazione dei Cacciatori Ticinesi si chiede come mai in Ticino lo Stato sia costretto a dei risarcimenti milionari (CHF 1,3 Mio nel 2013) mentre nei Cantoni a noi vicini i risarcimenti nei confronti dell’agricoltura sono più che esigui, lasciando intendere fra le righe che le nostre autorità sono troppo magnanime nel risarcire i danni provocati dagli ungulati, prevalentemente cervi e cinghiali.
Regazzi è un politico navigato, di spessore e solitamente ben informato, per cui la domanda che sorge spontanea davanti a questa sua presa di posizione è: dove vuol andare a parare?
Il motivo della notevole differenza nei risarcimenti rispetto ad altri Cantoni è in realtà molto semplice.
In primo luogo la distribuzione territoriale delle zone agricole in Ticino è molto diversa rispetto al Vallese e ai Grigioni.
I vigneti si trovano infatti direttamente in prossimità delle zone boschive.
Inoltre in Vallese e nei Grigioni il cinghiale, responsabile di quasi la metà dei danni, non è praticamente presente mentre in Ticino, dopo una assenza plurisecolare, è ricomparso da circa un ventennio, introdotto clandestinamente – guardacaso … da cacciatori (sembrerebbe) d’oltre confine- allo scopo di aver finalmente qualcosa di grosso da cacciare anche al piano. Da buon cacciatore Regazzi dovrebbe conoscere molto bene il loro tasso di proliferazione e le conseguenze dovute a una gestione errata delle loro popolazioni.
Per quanto concerne il cervo, nei Cantoni a noi vicini – contrariamente a quanto accaduto in Ticino- non si è mai adottata una politica espansiva da parte delle autorità cantonali e chiaramente supportata dalle società venatorie.
La presenza del cervo a sud del ponte diga è stata infatti favorita da una politica di gestione molto espansiva della specie adottata soprattutto in questo ultimo decennio.
È ovvio che con l’introduzione di un ungulato di tali dimensioni in zone con la presenza di santuari dove la caccia è bandita (Monti San Giorgio e Generoso) e dove a ridosso di queste bandite sono presenti da secoli vigneti e altre colture sensibili- non saremmo potuti che arrivare a questo sfacelo.
Non da ultimo e a mio parere di capitale importanza, i nostri vicini non hanno mai avuto all’interno delle istituzioni lobby così potenti come quella dei cacciatori ticinesi.
Lobby che ha influenzato notevolmente la politica venatoria ticinese degli ultimi anni e che probabilmente non ha permesso a chi di dovere di gestire le popolazioni di ungulati, analogamente a quanto hanno fatto i nostri vicini, dove vige un sostanziale equilibrio faunistico e i danni a boschi e colture sono di conseguenza limitati. In Vallese ad esempio la densità di cervi /km2 è esattamente la metà di quella ticinese e il cinghiale come detto è assente.
Regazzi si dimentica inoltre di un punto estremamente importante: il problema non è solo al piano e in collina e limitato all’agricoltura, bensì è esteso alle nostre foreste, che stanno subendo danni e che senza un deciso intervento porrebbero le generazioni future di fronte a rischi potenzialmente gravissimi.
Il rinnovo naturale della foresta in molte zone, anche in quelle definite ad alto potenziale di protezione per il fondovalle, si è arrestato a causa del brucamento di cervi, caprioli camosci e quant’altro.
Lo Stato e soprattutto i proprietari di boschi (patriziati, comuni e privati cittadini) devono investire annualmente milioni per far fronte ai danni e per assicurare le adeguate protezioni alle nuove piantagioni.
Non è normale che la collettività debba investire CHF 200.00 per proteggere una piantina che costa dieci volte meno!
Questi investimenti, assurdi ma necessari, sono l’unica soluzione per garantire un bosco sano fra trenta o cinquant’anni. Abbiamo tutti visto nella vicina Penisola i danni causati dal dissesto idrogeologico presente in molte regioni.
L’unica vera protezione per la popolazione da frane, caduta di massi e alluvioni è un territorio ben curato e un bosco che possa svolgere le sue funzioni protettive.
Le leggi, federali e cantonali, sono chiare e vanno rispettate, visto che sono il frutto di un iter democratico. Il loro obiettivo è uno solo: assicurare il giusto equilibrio fra la fauna presente e la natura senza dimenticare la corretta convivenza con l’agricoltura e l’uomo in generale. La caccia è uno strumento di capitale importanza per il raggiungimento di questo equilibrio.
Venendo meno i predatori naturali – e penso che in Ticino nessuno, salvo qualche sprovveduto idealista, vuole vedere scorazzare sul nostro territorio e nei nostri giardini orsi, linci e branchi di lupi – rimane per il momento l’unico mezzo per tornare a una situazione sostenibile per quanto riguarda le popolazioni di selvatici.
Ben vengano in seguito anche le misure dissuasive e non cruente citate in molte occasioni e applicate con successo in regioni con le stesse caratteristiche della nostra.
Gli agricoltori vorrebbero solo poter svolgere il loro onesto lavoro, raccoglierne i frutti per venderli o trasformarli.
Non c’è nulla di più mortificante che veder vanificato in poche ore il duro lavoro di un anno intero e dover chiedere il legittimo risarcimento per i danni subiti. Leggere certi commenti espressi da politici che dovrebbero avere a cuore l’economia del nostro Cantone e il suo territorio, dove si sottintendono dei privilegi ingiustificati in questo ambito fa male, molto male, e non è oltretutto corretto.
Lo stesso discorso vale per i nostri forestali, che ambirebbero ad intervenire sul bosco in modo incisivo e non su dei mini-recinti per alberi. I ritardi nelle opere di rimboschimento sono considerevoli e non c’è più tempo da perdere.
Per questi motivi sarebbe veramente opportuno che la caccia assumesse il proprio vero ruolo di garante dell’equilibrio naturale fra animali e il resto della natura al’interno del nostro territorio.
Chi opera sul territorio è veramente stufo di passare per mantenuto dello stato. E di dover sacrificare parte del proprio reddito o del proprio lavoro per permettere a un esiguo gruppo di persone di praticare uno sport per due settimane all’anno, perché purtroppo per molti la caccia si è ridotta a questo.
Da figlio di cacciatore, constato infatti con rammarico e che il vero “spirito del cacciatore” va sempre più scemando e vige sempre più la politica del congelatore pieno e della preda assicurata con poca fatica.
La funzione dell’On. Zali va ben oltre l’assecondare i desideri di una Lobby.
Il fatto che egli abbia picchiato i pugni sul tavolo dimostra il suo innegabile impegno e il fatto che sappia difendere la sua funzione e le sue idee, ma anche che sappia dire NO a qualcuno.
Abbiamo potuto constatare tutti dove ci ha condotto la politica del “tàia e medéga” praticata fino ad ora e forse una bella scossa andava data per portare tutti alla ragione.
Nell’interesse collettivo spero che tutte le parti in causa riescano finalmente a trovarsi pacatamente attorno ad un tavolo e ad ascoltarsi, senza pregiudizi e con la ferma volontà per ricercare una definitiva soluzione a questo annoso problema. In molti temi, come ad esempio quello delle bandite, vi è infatti una notevole unità di vedute fra FCTI e chi opera sul territorio, su altri sono certo che delle soluzioni si troveranno. D’altra parte la caccia, quella vera, era forse ancora più sentita vent’anni orsono, quando le popolazioni di ungulati erano molto inferiori a quelle attuali. Sarebbe veramente buona cosa tornare alle origini.
Si risparmierebbero così un sacco di soldi in risarcimenti, e di questi tempi scusate se è poco …..
I fondi così risparmiati potranno essere destinati ai loro scopi originali: una più rapida opera di rimboschimento nelle zone a rischio e le premesse per una miglior gestione dei selvatici con il Fondo per la caccia, al momento esangue a causa dei risarcimenti dei danni all’agricoltura.
Per il gruppo Territorio e Ungulati
Francesco Tettamanti