1 maggio una festa nata da una tragedia del 1886. Oggi si consuma una nuova tragedia per chi lavora!
Il 1 maggio ha origini che risalgono a una lotta storica che ha cambiato per sempre le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori: la data nasce dalla protesta dei lavoratori di Chicago nel 1886, che chiedevano la riduzione dell’orario lavorativo a otto ore giornaliere ma la richiesta di una maggiore umanizzazione delle condizioni di lavoro non fu accolta facilmente dalle classi dominanti, portando a scontri e repressione.
Oggi stà succedendo esattamente la stessa situazione, rapportata al mondo moderno. Orari di lavoro lunghi, poche ferie, congedi sociali ridicoli, licenziamenti selvaggi, stipendi bassi, poco rispetto dei lavoratori e via dicendo.
Anche il contesto geopolitico non migliora la situazione, con presidenti eletti democraticamente, o apparentemente democraticamente, che scombussolano l’ordine mondiale e quegli equilibri che fino ad una decina di anni fa erano ancora dei capisaldi del rapporto di equilibrio tra datori e lavoratori. Non è certo con i sindacati di oggi che si ottengo soluzioni, sindacati che dal caldo del loro posticino pagato profumatamente, si muovono solo a convenienza loro e non certo dei lavoratori. Sindacati che non hanno capito che aizzare la classe operaia contro il padronato non è la soluzione migliore, perché ciò porterà ad uno scontro dove gioco forza a soccombere saranno i lavoratori, mentre i sobillatori di sindacalisti si ritireranno nei loro palazzi dorati senza alcuna conseguenza. Che sia giunto il momento di cambiare strategia, andando a tavoli di discussioni, pacate e moderate, facendo capire al padronato che senza lavoratori sarebbero anche loro con il deretano in terra. Forse questa consapevolezza che è venuta a mancare è causa del disfacimento della pace sociale. Cosa sarebbero le grandi industrie farmaceutiche per esempio, senza i lavoratori; cosa sarebbero i grandi magazzini senza impiegati addetti alla logistica, allo stoccaggio e alla vendita. Nulla, si ritroverebbero dei poveri datori di lavoro, senza possibilità di ulteriori guadagni. Ma anche i lavoratori devono comprendere che senza i datori di lavoro che investono e creano lavoro la società si fermerebbe. Lasciamo perdere le lotte sindacali che ad oggi sono inique e negative, anche perché i vari sindacalisti operano con un odio viscerato verso i padroni, combinando più danni che conquiste. Bisogna cancellare i sindacati, le loro esose quote mensili, certo ai sindacati interessano le quote che gli operai pagano per rifocillare il loro benessere ovattato, e intavolare con saggezza discussioni concrete tra padronato e lavoratori, dove tutti sanno dell’importanza di tutti e tutti vogliono arrivare ad ottenere il proprio benessere personale. A dimenticavo, che la politica stia alla finestra e non metta becco, perché quando la politica interviene, il risultato è palese, distrugge tutto quello che di buono c’è.
Niente slogan farciti di odio proposti dai vari sindacati, niente violenza, niente discorsi pregni di ideologie socialiste dei tempi passati, nulla di tutto cio’, ma una giornata davanti ad un buon salamino e pane con il boccalino, dove tutti, padroni e lavoratori si concedono una pausa, per permettere una ripartenza migliore. La valorizzazione dei lavoratori passa vicendevolmente dalla valorizzazione del padronato; con questa consapevolezza, la società può e deve migliorare.