Sul Mattino della domenica del 22.02.2015, l’On. Lorenzo Quadri ha scritto che chi vuole diventare svizzero dovrebbe rinunciare alla doppia nazionalità. Scrive inoltre che i naturalizzati non dovrebbero potersi candidare ad una carica politica.
Non scrivo qui per rispondere a queste affermazioni, non voglio parlare di xenofobia o razzismo, voglio solo spiegare il mio vissuto. Scrivo qui perché queste parole mi fanno male, e so che fanno male a molti naturalizzati come me. Provo la sofferenza che mi ha procurato la legge che impediva il ricongiungimento famigliare. Rivedo ancora i miei genitori emigrare in Svizzera e sento il dolore che provavo a 3 anni nel non poter partire con loro. Non avevano scelta, per assicurarmi il futuro che ho oggi non restava che trasferirsi in Svizzera. Ad accoglierli molto lavoro, poco riposo, e la consapevolezza di essere manodopera a basso costo. La vita dello stagionale non l’ha vissuta solo la mia famiglia ma anche i molti italiani, spagnoli, ex-jugoslavi, albanesi, turchi, greci, francesi e tedeschi per citare alcuni.
Ricordo i 19 operai morti nel traforo del San Gottardo, 14 italiani, 3 jugoslavi, uno spagnolo e un tedesco, sono caduti nel nome del nostro progresso, del Ticino che siamo oggi. Ricordo le centinaia di loro connazionali che portano ancora oggi sul corpo i segni di quella fatica. Ricordo gli italiani della Monteforno, simbolo del sacrificio che hanno fatto molti stranieri nella via dell’industrializzazione del Ticino e della costruzione dell’economia che abbiamo oggi. Ricordo i portoghesi dell’agricoltura, dell’edilizia e del turismo, sento il loro sudore e i loro sacrifici. Ricordo le condizioni di vita precarie di coloro che in quei tempi emigrarono in Svizzera per disperazione. Nella mia mente restano le immagini dei migranti che sono arrivati da noi sani dopo aver superato la visita medica alla frontiera, tutti in colonna come al mercato dei buoi, erano braccia e non persone, e ora la loro salute risente dei danni subiti in quegli anni. Molti di loro oggi sono svizzeri, questo passaporto se lo sono meritati. Se parliamo di identità nazionale e di essere un vero svizzero non possiamo non tenere conto del fatto che il 47.7% dei residenti in Ticino ha un passato migratorio. Non possiamo dimenticare di come la Svizzera, dalla sua nascita, ha sempre dimostrato una grande apertura e solidarietà verso i popoli in difficoltà. Non generiamo una stigmate che spezzerà l’unione del nostro popolo, perché qui non stiamo parlando di frontalieri o di immigrati, stiamo parlando di svizzeri come noi tutti. In fondo, indipendentemente dal nostro colore, cultura, credo religioso, siamo tutti uomini liberi e uguali. Se sentiamo di riconoscerci in un popolo, dopo che abbiamo vissuto e lavorato in un paese ne abbiamo tutto il diritto, non è giusto che per questo ci venga chiesto di rinnegare le nostre origini. Se mi voglio candidare al Gran Consiglio io ne ho tutto il diritto. Proprio perché sono un naturalizzato, oggi nella vita civile come medico, in politica come Consigliere comunale e nel servizio militare come Ufficiale, io mi impegno per ripagare lo Stato di ciò che ho ricevuto. A chi storcerà il naso leggendo il mio scritto io rispondo già: nella vita come in politica, per chi lotta per le proprie idee e resta fedele alle proprie convinzioni non esistono muri o barriere insormontabili.