Comunicato-stampa dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori, sezione Ticino.
Revisione dell’ordinanza sulla caccia. Buona la diagnosi, insufficiente la terapia.
Il comunicato-stampa della Confederazione riconosce esplicitamente che la situazione riguardo all’espansione del lupo sta andando fuori controllo: troppi i lupi e sempre in forte aumento e troppi i danni per l’allevamento.
Purtroppo non si accenna agli impegni (finanziari e di risorse umane), sempre meno giustificabili, che tale espansione comporta per la Confederazione, per i Cantoni e per gli allevatori, e tantomeno al pericolo per le persone e alle restrizioni che ne derivano.
Si prevede quindi una facilitazione negli abbattimenti, ricetta che tutti i media hanno ampiamente riportato, ma si anticipa che si è in attesa della Legge federale sulla caccia riveduta dalle Camere federali in dicembre.
Quasi ad ammettere, come del resto i Cantoni e le organizzazioni agricole hanno segnalato al momento della consultazione, che il vero cambiamento potrà esserci soltanto con l’entrata in vigore della legge modificata che prevede esplicitamente che i Cantoni possono regolare il numero di lupi presenti sul loro territorio.
Infatti le modifiche proposte, benché avversate dalla maggior parte delle organizzazioni ambientaliste, teoricamente potrebbero portare a un miglioramento, ma praticamente avranno un effetto marginale.
La modifica che entrerà in vigore il 1 luglio continua infatti a basarsi sul principio che possono essere abbattuti soltanto lupi che causano dei danni rilevanti all’allevamento o che rappresentano un pericolo per le persone. Un criterio introdotto nella legislazione vent’anni fa e che si continua a perseguire nonostante i risultati siano stati nulli. Un tempo per danno rilevante si intendevano 25 capi uccisi in un mese, poi diminuiti a 15, poi a 10 ed ora a 6, rispettivamente a 8 nel caso di branchi. La realtà è che il “danno rilevante” si riscontra a ogni singola predazione, anche solo con animali feriti, poiché se il predatore rimane impunito, diventa inevitabilmente recidivo.
E con l’applicazione di questa “terapia” cos’è capitato? I lupi in Svizzera sono aumentati da pochi esemplari a 240 (dati ufficiali, in realtà sono parecchi di più); i capi predati da alcune decine nel 2010 a 1600 nel 2022; le spese per l’ente pubblico da qualche centinaio di franchi a parecchie decine di milioni; il benessere degli animali da reddito fortemente diminuito e, non da ultimo, le preoccupazioni, lo stress e lo sconforto per gli allevatori sono accresciuti fino a portare parecchi a smettere la loro preziosissima attività e a dover essere curati per “burnout”.
Se il principio di favorire l’abbattimento è da accogliere positivamente, anche questa revisione sarà difficilmente applicabile. Infatti se quando i lupi erano pochi in ogni regione, qualche probabilità di uccidere il lupo problematico era data; ora che si contano a decine, come si farà a stabilire quale lupo ha causato il danno? Ci vorranno, come finora, tranne casi eccezionali, le analisi del DNA, per le quali sono necessarie settimane o mesi, ma poi come si potrà decidere a quale lupo sparare? E nel frattempo il lupo “giusto” dove sarà finito? Oltre a tutto un tale approccio, a causa della tempistica, non ha nessun effetto “pedagogico” nei confronti del singolo lupo e del branco.
L’unica ricetta appropriata è “reazione immediata senza verifica degli individui, sia con munizione non letale o con munizione letale”. Quindi ritorniamo con forza a insistere che la possibilità di tiri dissuasivi e di tiri di difesa debba venire implementata con urgenza ed estesa (come richiesto da numerosi atti parlamentari rimasti inevasi) all’ausilio di volontari opportunamente formati, selezionati e spesati.
Altrimenti i lupi continueranno ad aumentare sia di numero che di temerarietà. E continueranno a trasmettere alla progenie la nozione che la predazione di animali domestici è più facile rispetto a rincorrere i selvatici, che l’avvicinamento agli allevamenti non implica nessun pericolo, così come il circolare, di notte o di giorno, nelle zone antropizzate.
In questo modo l’incidente con persone diventerà davvero solo questione di tempo.