C’è una componete del mio lavoro che amo intensamente: la scoperta di nuovi sapori. Sembra strano poterlo ancora dire dopo più vent’anni di programmi televisivi e di viaggi su e giù per l’Italia, con cadenza regolare, senza pause, tutte le settimane. Eppure il nostro paese è un caleidoscopio di prodotti così sorprendente, forse unico al mondo, che non finisce mai di offrirti buone occasioni per conoscere gusti e tradizioni. Magari antiche, ma ai più sconosciute. Il “grano arso ” della Puglia ebbi modo di incontrarlo, per la prima volta, partecipando ad un educational di giornalisti italiani e stranieri organizzato dal consorzio vitivinicolo Puglia Best Wine. Durante questi viaggi i rappresentanti della stampa vengono accompagnati nelle sedi delle attività produttive, nel caso in questione cantine, per prendere visione della realtà del comparto. Per i pranzi e le cene non è inusuale che vengano proposti piatti e ricette realizzate con i prodotti tipici del territorio raggiunto per il viaggio informativo. Fu durante uno di questi pranzi che mi vennero servite delle orecchiette di colore decisamente più scuro rispetto a quelle che già conoscevo e che normalmente mangiavo. Perché quella diversità? Erano state semplicemente preparate con la farina di grano arso. La farina di grano arso nasce dalla più povera tradizione contadina pugliese di raccogliere i chicchi di grano rimasti sul campo dopo la mietitura e la bruciatura delle stoppie (in particolare nella zona nord della regione). Un tempo infatti i preziosi chicchi di grano bruciati, venivano raccolti per essere macinati in mulini a pietra o direttamente nei mortai a mano. La farina ottenuta veniva poi miscelata con una percentuale di farina bianca: in questo modo i contadini riuscivano ad avere un discreto quantitativo di farina per la cucina, comprandone però solo una parte minore dell’allora costosissima farina bianca. Quando il sistema del latifondo andò a spegnersi, i costi della farina diventarono più ragionevoli ed abbordabili e il grano arso sparì dal consumo. Da qualche anno, grazie alla ricerca costante delle tradizioni, messa in scena da alcuni operatori della ristorazione, ne è stato piacevolmente riscoperto l’utilizzo. Oggi la farina di grano arso non si ottiene più come all’origine; il grano viene infatti tostato e non bruciato, ma il suo colore e il particolarissimo gusto, con sentori di affumicatura, ricordano appieno il prodotto di un tempo. Quella dei giorni nostri è però una farina carente di glutine, motivo per cui, come una volta. la si deve utilizzare miscelata alla farina bianca in bassa percentuale: il 30% può andare più che bene per preparare delle caratteristiche paste o focacce e degli ottimi pani fatti in casa. Può essere anche lavorata unendola alla farina di farro o di Kamut. Un tempo, risorsa di vita per la povera gente, oggi eccellente specialità per piatti unici. In commercio la si può trovare, anche se non facilmente, nella grande distribuzione; ma se vi capita di acquistare quella prodotta dai piccoli mulini artigianali….. l’emozione per il palato sarà ancora più intensa.
Fabrizio Salce