Harakiri è una forma di suicidio di antiche origini giapponesi che prevede di auto-infliggersi un colpo al ventre con una spada con la finalità ultima di mantenere intatto il proprio onore per un’onta subita. Alla stessa stregua con l’iniziativa popolare in votazione il prossimo 30 novembre, che mira ad abolire l’imposizione forfettaria per i globalisti, la sinistra vorrebbe far commettere un harakiri politico al popolo svizzero allo scopo di ripulirsi da una presunta iniquità sociale. Ma è veramente così?
Innanzitutto, occorre ricordare che questa tassazione globale è riservata ai cittadini stranieri – con alcune eccezioni – che hanno il loro domicilio in Svizzera ma che non esercitano un’attività lucrativa. Vengono quindi tassati in base al loro tenore di vita (imposta secondo il dispendio) e non secondo la sostanza o il reddito. Tra le persone toccate, oltre ad ereditieri ed ex-dirigenti, vi sono soprattutto attori, artisti e sportivi che risiedono nei nostri Cantoni; naturalmente, questi ultimi per questioni professionali, lavorano all’estero.
Con l’iniziativa in votazione promossa dalla sinistra si vuole abolire un sistema che costituisce un importante peso fiscale e un indotto direttamente creato da stranieri che decidono di stabilirsi in Svizzera.
È certamente importante sottolineare che gli incassi dell’imposta sul dispendio da parte del nostro erario nazionale si aggirano, con la revisione della legge federale del 2012, attorno al 1 miliardo di franchi (di cui circa 55/60 milioni in favore delle casse del Cantone Ticino e 40-45 milioni dei Comuni), con poco più di 5.600 contribuenti (di cui circa 900 in Ticino). I globalisti non pesano però solo in ambito fiscale, ma è fondamentale anche l’indotto creato da queste persone (benessere e posti di lavoro). Pensiamo solamente alle loro spese dirette in Svizzera, quali possono essere ad esempio la costruzione di una villa, l’acquisto di beni di prima necessità e di lusso (automobili, vestiti, gioielli), la frequentazione di locali pubblici, gli investimenti nell’arte, e così via. Senza contare le relazioni con banche, fiduciarie, assicurazioni e altri consulenti. In assenza di queste persone facoltose, molte attività summenzionate subirebbero gravi contraccolpi anche con una riduzione dell’occupazione. E non dimentichiamoci che i globalisti contribuiscono anche al finanziamento dell’AVS. Guardando soprattutto all’importante indotto creato non mi sembra che tutto ciò sia sinonimo di disparità sociale.
Con la soppressione di questa forma particolare di imposizione saremmo quindi perdenti su tutta la linea. Abolendola, non vi sarebbero certo maggiori entrate fiscali, visto che molti contribuenti stranieri nel medio-lungo termine al di sopra di una certa soglia minima sarebbero meno propensi a soggiornare nel nostro Paese prediligendo altre mete in cui le autorità mostrano un atteggiamento più pragmatico nel tassare situazioni fiscali già di per sé complesse.
Quanto appena elencato sopra non è una pura speculazione teorica. Possiamo prendere l’esempio del Canton Zurigo che nel 2010 ha deciso di abolire la tassazione sul dispendio. Dati alla mano, le conseguenze indicano che 97 persone tassate secondo il dispendio su 201, quasi la metà, nel corso di un anno hanno deciso di trasferirsi all’estero (1/3) o in un altro Cantone con la tassazione globale (2/3). Appare quindi evidente come queste persone siano estremamente mobili e poco legate ad un singolo Cantone o alla sola Svizzera. Secondo un sondaggio, circa il 98% dei globalisti possiede infatti almeno un altro domicilio al di fuori dei confini confederati.
Infine, i più colpiti da questa misura sarebbero le regioni più discoste dai centri urbani, dove la presenza di globalisti favorisce il mantenimento di posti di lavoro che altrimenti rischierebbero di scomparire a causa dell’insufficiente massa critica. Casi concreti li abbiamo constatati in alcuni Comuni ticinesi dove il trasferimento o il decesso di un globalista ha portato il Comune toccato ad aumentare in maniera importante il moltiplicatore comunale d’imposta.
Desideriamo veramente tutto questo in un momento di grandi pressioni internazionali contro la Svizzera? Con sano pragmatismo e buon senso, io dico no all’abolizione di questa tassazione forfettaria.
Marco Passalia
Deputato PPD+GG in Gran Consiglio