Da pochi mesi faccio parte del Comitato dell’Associazione Consultorio delle Donne. Ho lavorato per molti anni nel campo sociale, da tempo sono pensionata ma la voglia e il desiderio di occuparmi ancora per i diritti (ogni diritto presuppone la presa in considerazione di un dovere) delle persone, sia donne, che uomini restano. In questo caso sono le DONNE ad essere le più colpite da ingiustizie, da diritti non riconosciuti spesso anche se giuridicamente ci sono leggi che le proteggono. Ma non è facile uscire allo scoperto, ci vuole coraggio e determinazione per dare voce alla propria sofferenza dovuta al fatto che troppo spesso si è subalterne all’interno della coppia e non solo, si diventa proprietà dei propri compagni. Un senso di inadeguatezza, la paura, la vergogna, l’umiliazione, i sensi di colpa fanno sì che si subiscano in silenzio violenze ad esempio come quella fisica e psicologica. Ci si sente incapaci, deboli, impotenti e totalmente dipendenti dal compagno o da un membro famigliare.
La violenza sulle donne riguarda tutti noi, anche chi non ne è coinvolto in prima persona. Si tratta di un fenomeno trasversale che coinvolge tutti gli strati sociali e tutte le donne, sia svizzere, sia straniere. È però anche evidente che spesso donne meno privilegiate, che non sono in possesso di informazioni giuridiche e di una formazione più completa, donne provenienti da altre culture, donne sole con figli, donne con lavori precari sottopagati, donne che non si possono permettere di andarsene perché dipendono anche economicamente dal loro compagno, hanno il diritto di essere difese, di aspirare ad una vita autonoma e prendere coscienza che sono persone a tutti gli effetti.
L’Unione Sindacale Svizzera sostiene: “Non c’è giorno senza violenza contro le donne”- si legge nel comunicato stampa – “non c’è stramaledetto giorno senza leggere sui giornali le cronache di episodi di violenza di cui sono vittime le donne,
considerate dai loro aguzzini merce, proprietà personale su cui esercitare controllo e potere. E anche in Svizzera i dati indicano l’esistenza di un fenomeno persistente. In Svizzera chi molesta o umilia con parole, gesti o atti sul posto di lavoro commette una violazione del diritto vigente. La legge sulla parità dei sessi vieta le molestie sessuali sul posto di lavoro, intese nelle loro molteplici forme: mostrare, esporre, mettere a disposizione e inviare materiale pornografico (anche per via elettronica); osservazioni allusive e «barzellette» sessiste; contatti fisici molesti e palpeggiamenti; approcci e pressioni per ottenere favori di natura sessuale, spesso abbinati alla promessa di vantaggi e/o alla minaccia di svantaggi.”
L’Associazione Consultorio delle Donne cerca sempre di più con il suo lavoro costante e professionale di essere presente sul territorio. Accoglie, è discreto, protegge, entra in punta di piedi nei racconti delle donne e cerca di far valere i loro diritti usando le leggi esistenti, la rete dei servizi e l’empatia, in modo da poter essere un punto di riferimento che crea fiducia e comprensione. Il lavoro degli educatori, secondo me, implica attenzione a quello che succede al di fuori, implica informazione e un lavoro costante di approfondimento sulle dinamiche politiche e culturali del fenomeno.
Barbara Staempfli