Appositamente non abbbiamo scritto il primo maggio, per non volerci miscelare con i vari oratori che hanno cianciato a vanvera, bloccando a volte anche il traffico a Lugano, rendendo disagevole il raggiungimento di luoghi, come per esempio Tisana, dove vi era gente che lavorava. Sentire di darci dagli Xenofobi da una Consigliera Nazionale ticinese, sentire gridare i vari sindacalisti senza che abbiano una minima idea di cosa sia lavorare, ci indigna e ci lascia un grande amaro in bocca. Ci sembra di essere ritornati alle barricate, dove la sinistra era contro il padronato, con anche giuste motivazioni di allora. Al girono d’oggi, in un momento di grande difficoltà per i lavoratori, dove vengono inglobati dall’economia globale, sentire questi Maragià del lavoro agitarsi per agitare laddove sarebbe meglio calmierare. Purtroppo il giusto e lo sbagliato non stanno tutti solo da una parte, ma sobillare i lavoratori verso la politica del non ritorno sarebbe fare tremendo autogol verso il lavoratore stesso. Evidentemente anche la classe padronale, a volte, dovrebbe guardarsi allo specchio e cercare, laddove sia possibile, di favorire la nostra economia, con coerenza anche nella loro vita privata. Il 1 maggio una scusa plateale per fare campagna elettorale di sinistra, sparando contro una classe di padroni, di fatto sparando contro se stessi, perché loro che dal pulpito ”sparano” sono anche imprenditori di aziende, o liberi professionisti che flirtano in maniera ossessiva e per privato conto con il capitalismo duro e crudo. Noi non crediamo più una parola dei vari sindacalisti che dall’alto della loro cattedra da 8 mila franchi al mese, incitano i lavoratori da 3 mila al mese alla guerriglia contro un fantomatico nemico, senza sapere che solo con il compromesso e la discussione tesa a raggiungere accordi si potrà riolvere questo periodo di crisi per i lavoratori ma anche per tuttti quegli artigiani piccoli che in Ticino lavorano e hanno reso tanto benessere. Questa categoria, che rischia del proprio per lavorare e dare stipendi ai propri collaboratori, è alla base del nostro tessuto sociale, ma cercare di sostenere questi piccoli, per i sindacati, non è mediaticamente appetibile. Allora ecco le campagne dei sindacati contro i grandi, per poter farsi promozione individuale alle loro cause politiche. Non dimentichiamo che un sindacalista è pure presidente di un partito socialista ticinese e che un altro è personaggio di spicco di un movimento estremista di sinistra. Dunque usare i temi cari al vero socialismo e alla vera causa dei lavoratori per procacciarsi vantaggi elettorali è scorretto e eticamente disonesto. Di questi sistemi il mondo del lavoro non ne ha bisogno, né quello dei lavoratori come neppure quello padronale. Trovare il denominatore comune per un equilibrio vincente dovrebbe essere lo scopo. Ma poi sparare sui temi come frontalieri, lavoro nero, e tutto quanto sappiamo è troppo facile. Vorremmo che finalmente si intervenisse concretamente sul mondo del lavoro, penalizzando i datori disonesti e favorendo quelli onesti, che sono certamente la maggioranza. Ma i soliti sindacalisti che sono presidenti di partito, personaggi di spicco di partito, imprenditori e liberi profesisonisti o impiegati ovattati con stipendi faraonici, sono anche in parlamento e sono quelle persone che dovrebbero legiferare e verificare il rispetto della legge e allora…. da cosa si constata ogni giorno, il cerchio si rompe. Essere obbligati a pagare l’adesione ad un sindacato non è certo spirito democratico di libertà, noi pensiamo che i sindacati siano ad oggi più un fenomeno di disturbo per la pace sociale che il contrario, per cui consigliamo ai lavoratori, di non lasciarsi influenzare dai paroloni, ma se hanno questioni da discutere di andare dai propri datori e discuterle onestamente e semplicemente. Siamo certi che otterranno quanto richiesto seguendo la vecchia regola del buon senso da parte di tutti, senza barricate e tanto meno lancio di sassi. Ma se fare una manifestazione a favore dei lavoratori significa imbrattare vetrine e rendere la città invivibile, siamo convinti che questi non meritano neppure lo sforzo di un pensiero. Ma forse sono tutti dei ”figli di papà” che quando rovinano la cosa pubblica, poi ci pensa paparino a rimettere tutto a posto. Di queste feste e di queste interpretazioni non ne abbiamo proprio bisogno ! (ETC/RB)