“Non basta avere coraggio nelle curve veloci, dove gli altri tolgono il piede dall’acceleratore.
Non basta rischiare di uscire di pista se si frena troppo tardi prima di una curva.
Bisogna proprio correre molto, su molti percorsi, per farsi le ossa”.
Sono parole che trasudano passione e voglia di vivere quelle che ci ha lasciato Silvio Moser, pilota svizzero scomparso quarantaquattro anni fa, una carriera strepitosa, ottimo corridore ma dai risultati purtroppo non sempre ottimali come invece ci si sarebbe aspettati da una persona del suo talento. Conosciuto a livello mondiale con il successo nella Temporada d’Argentina nel 1964, l’allora ventitreenne ticinese nato a Zurigo, poi trasferito coi genitori in Ticino, a Vaglio, in Capriasca, mostra da subito una predisposizione per il mondo delle corse, avaro tuttavia di quei riconoscimenti tributati invece a ben altri corridori.
Nel 1964 Moser esplode con ben 28 vittorie assolute e numerosi podi, ma seppur sostenuto dalla Scuderia ticinese Martinelli & Sonvico, creata appositamente per lui, non riesce a sfondare. Rinuncia a gareggiare per l’allora sconosciuta Tecno, alla quale introduce il connazionale Clay Regazzoni, avviandolo in tal modo ad una carriera strepitosa. Silvio si cimenta in Formula 2, nelle Sport prototipi ed un F1 con altre fortune.
Nel 1970 si mette alla prova con la Bellasi, modello F170 motore Ford Cosworth, costruita in un solo esemplare insieme all’amico Guglielmo Bellasi, ma le crescenti difficoltà nello stare al passo con l’impetuoso sviluppo tecnologico della Formula 1 ne marcano la sorte. Nel 1971 è iscritto al Gran Premio d’Italia, riuscendo a qualificarsi ma senza terminare la gara: sarà la sua ultima corsa in F1. Impegno e grande passione sono i valori che hanno contraddistinto la vita di Silvio Moser, immolatosi nel 1974 durante la 1000 km di Monza nel mentre stava vincendo la categoria fino a 2 litri Sport Prototipi con una Lola BMW.
La sua memoria è stata consegnata in questi anni all’Associazione Amici di Silvio Moser che ne ha preservato e tramandato l’inestimabile valore umano pubblicando un libro sulle sue gesta avventurose.
Un impegno che ancora oggi prosegue nonostante il recente scioglimento del sodalizio col passaggio del fondo cassa al cugino dello stesso Moser, Luciano Arnold. È lui, con la sua passione e tenacia a portare nei campionati di vetture storiche la memoria di Silvio, indossando un casco dipinto come quello del nostro pilota e spingendo al massimo la sua mitica Brabham F2, oggi completamente restaurata e premiata alla Hockenheim Historic Race dalla Transportation Design University di Pforzheim con il Design Award 2018. Un bel riconoscimento, conferma della passione a cui Silvio ci aveva abituato nella sua tormentata vita di Pilota indipendente.