Cavalcare il cambio libero potrebbe essere la manna dal cielo per alcuni imprenditori che accampano questa scusa per fare pulizia generale di personale. Oppure con la possibilità di orario ridotto sfruttare questa situazione accattivante per chi pochi scrupoli e poca socialità nel proprio DNA di imprenditore. Licenziare una persona di oltre 50 anni, ma anche più giovane, è dare una mazzata micidiale a chi per anni ha servito con quasi devozione il datore di lavoro, lavorando ore e ore in più, a volte nemmeno retribuite. Agli imprenditori, in particolare quelli delle grosse industrie, peggio ancora quelli che si nascondono dietro le facce dei loro direttori, chiediamo un gesto di umanità verso chi ha permesso loro di realizzare fino ad ieri utili milionari con estrema facilità. Quando sentiamo di grandi ditte che si lamentano perché gli utili sono diminuiti del 50%, abbiamo delel fitte al cuore, perché comunque sempre di utili si parla. E se per un anno, dopo anni di vacche grasse, una volta tanto si dovrà attingere a risorse accantonate negli anni d’oro, poco male. Nella logica delle cose gli imprenditori giocano a fare gli imprenditori. Magari giocano male perché per anni hanno avuto vantaggi dallo Stato e ora girano le spalle, ma confermiamo giocano a fare gli imprenditori. Gli operai, sono l’anello debole della catena, quelli che subiscono gli umori economici sulla propria pelle e quelli che rischiano il posto di lavoro. Dunque massimo rispetto per questa categoria di persone che si vede da un giorno all’altro gettato via per la causa di utili diminuiti. Mancano due mesi alle elezioni e ecco allora che intervengono i vari sindacalisti, che nascondendo l’interesse per l’operaio, hanno una strategia tutta loro tesa a ottenere visibilità, procacciandosi adepti e anche vantaggio personale o del partito di appartenenza. La gara tra UNIA e OCST per bucare gli schermi e i microfono dei media, onde avere maggiore visibilità e riempirsi di belle parolone la bocca, senza ottenere alcun risultato reale, il tutto sulla pelle di chi subisce questa situazione. Non abbiamo mai visto un sindacalista perorare la causa dei piccoli artigiani, quelli che garantiscono posti di lavoro pregiati nei paesi e che in caso di crisi ipotecano la loro abitazione primaria per cercare di far fronte agli impegni mettendo in primo piano la dimensione umana del proprio collaboratore. Quanti casi in Ticino di piccoli artigiani o commercianti, che devono ogni mese lottare con l’economia e con i soldi, schiacciati da una concorrenza senza scrupoli e al limite del lecito come anche da una situazione contingente difficilissima. Vorremmo vedere i vari sindacalisti UNIA, magari quelli in lista per un posto in parlamento, chinarsi e sostenere le difficoltà vere di queste micro aziende che sono in realtà il motore economico dei piccoli comuni. Sono accordi che viaggiano tra sindacati ed imprenditori, tipo licenziane tre qui che poi ci pensiamo noi a piazzarli ma facciamo un po’ di scena che abbiamo bisogno visibilità. Va bene stiamo pensando al peggio, ma il problema è che a volte pensar male si viene citati come i soliti pessimisti, ma poi i fatti danno quasi sempre ragione a questi pensieri cattivi.
Vorremmo tanto che gli imprenditori, quelli che urlano e che impiegano quasi esclusivamente personale frontaliere, facessero un gesto umano, licenziando, se proprio si deve, partendo proprio dai frontalieri, ma non per una questione di antipatia, ma semplicemente perché abbiamo il diritto / dovere di garantire come priorità il lavoro ai residenti e poi, se del caso attingere fuori casa. Invece la nostra impressione è che queste grandi aziende giocano, e lo hanno sempre fatto, con i soldi statali, per ottenere vantaggi economici sempre maggiori. Licenziamo i locali e assumiamo a costi mascherati i frontalieri, con l’avvallo di molti sindacalisti che lottano per queste maestranze, che con tutto il rispetto non spendono neppure un centesimo a casa nostra, pur garantendo noi a loro una vita da ricchi a casa loro. A fronte, e non smetteremo mai di ripeterlo di aziende locali, che si dibattono in problematiche difficili ma che la loro etica professionale e la loro onestà intellettuale impone di garantire stipendi giusti e lavoro al vicino di casa del proprio comune. Ma poi perorando questi casi minimi, che nel complesso sono tanti, viene a meno la visibilità per i singoli personaggi, per cui le strutture sindacali con ogni probabilità mettono sul piatto della bilancia impegno/profitti in visibilità. Ma se il movimento sindacale tanti anni fa era giustificato e di certo ha contribuito a conquiste sociali importanti, al giorno d’oggi non ha capito che le necessità sindacali non sono le barricate e tanto meno gli scioperi, salvo casi straordinari e qui ci viene in mente le Officine con uno sciopero nato dalla base e non certo dai sindacati i quali, assieme ai politici, quando hanno capito che era un treno sul quale salire si sono poi aggregati mettendosi medaglie che di certo non meritavano.