La raccolta delle firme contro il semisvincolo di Bellinzona, già approvato una volta in votazione popolare, non risparmia sorprese e dopo che nelle scorse settimane è emerso che i referendisti ricorrono sistematicamente, con tanto di annunci pubblicitari per la ricerca di interessati, all’utilizzo di raccoglitori di firme a pagamento, sembrerebbe che ora, non paghi, vadano anche a utilizzare i servizi dello Stato.
In effetti la ricerca si è estesa presso gli uffici regionali di collocamento (nel caso segnalatoci si tratterebbe di quello di Chiasso) dove si comunica che si pagheranno due franchi a firma. Una pratica questa che se confermata chiarirebbe come pur di raggiungere il proprio scopo parte dei referendisti non solo sarebbero disponibili a pagare (pratica in sé già discutibile) ma addirittura proprio a cercare di rivolgersi laddove le persone sono più in difficoltà e quindi probabilmente anche disponibili in un qualche modo a prestarsi a fare qualcosa in cui non credono a causa di uno stato di necessità. Un atteggiamento quantomai discutibile sotto diversi profili.
Se fosse vero, trattandosi di uffici dell’amministrazione cantonale, una simile eventualità sarebbe grave.
Chiedo quindi al Consiglio di Stato:
1. Corrisponde al vero quanto sopra?
Nel caso corrispondesse al vero:
2. Quale è la prassi con questo genere di richieste? Da chi è decisa?
3. Con che modalità vengono effettuate le proposte ai disoccupati?
4. Se questo tipo di pratica non fosse autorizzata, come intende intervenire il Consiglio di Stato nei confronti degli uffici, dei funzionari interessati nonché dei promotori di queste proposte?
Galusero Giorgio, granconsigliere PLR