61 mila e passa frontalieri in Ticino significa che qualcosa non funziona più. Se ci sono significa che qualcuno li chiama. E quegli imprenditori che li chiamano sono a volte anche in parlamento a tuonare contro questo stato di cose. Addirittura club sportivi in alto Ticino che vanno per la maggiore impiegano frontalieri !!! Significa che qualcuno li ha chiamati e messi sotto contratto. Vi sono realtà diverse tra il nord e il sud del Ticino. Al nord se ne potrebbe fare a meno tranquillamente. Al sud sono quasi un’esigenza. L’altro giorno parlavamo con un datore di lavoro il quale ci diceva che i ticinesi la fanno dura e mettono dei paletti alla mobilità del lavoro. I frontalieri sono elastici, lavorano meglio e con più dedizione. Questo stato di cose permette ad alcuni imprenditori di nascondersi dietro la scusa cambio franco/euro per poter compiere degli atti “criminali” verso la popolazione e la propria nazione. Vi sono alcune soluzioni applicabili, se solo lo si volesse, che riporterebbe immediatamente il campanile della chiesa in mezzo al paese.
1. salvo eccezioni verificate i frontalieri dal confine Svizzero devono poter usufruire di pullman messi a diposizione dai datori di lavoro, il cui costo sia diviso in parti uguali tra imprenditori e lavoratori. Scomparirebbero al giorno almeno 20 mila veicoli dalle nostre strade, in particolare da quelle del Legnanese e basso Ticino.
2. controllare che gli stipendi versati siano a norma di legge, e tassarli poi in egual misura ai quello dei residenti, tanto da levare quell’interesse spassionato da invogliare non residenti a venire da noi a lavorare
3. porre delle quote oltre le quali non è possibile oltrepassare. Diciamo il 20% al massimo di frontalieri per azienda che occupa più di 50 dipendenti. Per aziende con meno di 50 dipendenti una quota massima del 10% di frontalieri
4. nessuna assunzione di frontalieri come apprendisti nelle aziende ticinesi.
5. invitare le donne che partoriscono e sono residenti, a rimanere a casa per 6 anni, dietro un versamento di frs 1800 mensili per tutto il periodo. (tecnicamente potrebbe rimanere a casa anche il partner e la donna andare a lavorare, ottenendo lo stesso versamento paritetico e non discriminatorio) . Obbligo del datore di lavoro di sostituire questa forza lavoro con personale dello stesso sesso, giovane e magari al primo lavoro e che sia residente, provenienti in prima analisi dalla disoccupazione.
Siamo certi che adottando queste misure, nel giro di tre mesi le nostre strade saranno vuote, le famiglie torneranno ad essere famiglie vere con la missione educativa e socialmente utile, la disoccupazione, salvo i casi irrisolvibili, scenderebbe ai minimi storici e di certo sotto l’uno per cento. Ci troveremmo una società felice, coccolata e che porterebbe con se maggior valore aggiunto, dove tutti si sentono realizzati nei propri ruoli. Siamo certi che queste soluzioni permetterebbero allo Stato di risparmiare tantissimi soldi nella socialità e sarebbero il vero motore di una vera e comprovata ripresa economica.
Ma forse è troppo semplice, per cui continuiamo a indire riunioni su riunioni interpartitiche, dove si trovano solo dei cerottini come soluzioni, senza risolvere definitivamente il problema. Forse è una questione di guardare oltre…. (ETC/RB)