“Più che un provvedimento per favorire le riaperture, quello varato dalle autorità è un ‘decreto chiusure’ per molte attività diciamo nell’area Ticino. Non vogliamo usare giri di parole, ristoratori, albergatori e stagionali, palestre, discoteche, eventi sportivi, grandi eventi non dovrebbero starci all’enfasi data dalle nostre autorità che hanno stabilito come le cerimonie legate agli eventi (matrimoni, battesimi, comunioni e feste di compleanno) non potranno riprendere se non con grandi limitazioni. Invece di tante parole i veri responsabili delle categorie colpite in maniera discriminatoria rispetto altre categorie, pensiamo ai grandi magazzini tanto per citarne una, dovrebbero intervenire duramente: “Come se non bastasse le regole parlano della necessità di essere in possesso del certificato di avvenuta vaccinazione o comunque del cosiddetto ‘green pass’ o comunque della necessità di effettuare un tampone entro 48 ore prima dai festeggiamenti. Quasi che ci sia una ostinata ricerca di potenziali ‘untori’ tra parenti e amici che, impauriti, potrebbero rinunciare ad essere protagonisti di un evento che invece dovrebbe essere per tutti un momento da sogno”.
Gli imprenditori dovrebbero sottolineare come “sul calendario, dal primo gennaio al 15 giugno 2021, contiamo 165 giorni passati senza lavorare o con lavoro ridotto, fermo restando che pagano tasse e tributi vari per 360 giorni di lavoro” evidenziando “la forte preoccupazione non solo per l’economia delle loro attività ma soprattutto per la delegittimazione di quanti, restano quotidianamente aperti senza cedere a idee poco logiche se non dannose per l’intera comunità”.
Infine, tutti questi imprenditori discriminati, di cui alcuni attendono ancora i ridicoli pagamenti di casi di rigore, dovrebbero spiegare che restano in attesa di una risposta da parte delle autorità per una riapertura graduale e in sicurezza del settore eventi legati anche alla filiera del wedding. “Il segnale sarebbe ripartire il 31 maggio, visto che l’evidente decrescita dei contagi non avrebbe un colore soggettivo semmai quella normalità da vivere nel segno del domani da costruire ‘insieme’. Un atto d’amore e di partecipazione”. Ma forse molte autorità non coinvolte con interessi di parte, o che ignorano le vere difficoltà dei vari settori discriminati, dovrebbero finalmente calarsi e se non riescono chiedere ai veri addetti ai lavori per rendersi conto delle vere difficoltà in cui le loro decisioni hanno causato e almeno rifondere economicamente in maniera composta e sostanziosa di tutte le perdite alle posizioni, affitti, costi gestione, mancati incassi e via dicendo che deve essere ben oltre il 10 o 20% del totale. Spetta però alle varie associazioni di categorie unirsi e fare la voce grossa con coerenza. (ETC/rb)