Nell’ultimo numero (vedi allegato) del periodico L’Altrascuola – La rivista degli studenti in lotta (N. 6, marzo 2019), edito dal Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA), è apparso un articolo intitolato “SSPSS: gli stagisti sono un investimento, non una merce!”. In tale articolo viene denunciato un sistema di sfruttamento delle stagiste e degli stagisti in ambito socioassistenziale, i quali fungerebbero da “manodopera a basso costo da impiegare flessibilmente”. Questa situazione sarebbe provocata dall’assenza di un’adeguata legislazione che tuteli il lavoro delle stagiste e degli stagisti, vittime di una corsa al ribasso sui salari che sembrerebbe non essere provocata solo dagli istituti privati, bensì anche da alcuni enti pubblici: “persino una città come Lugano si permette di sfruttare i giovani in formazione, i quali si trovano l’indecente somma di 250 franchi al mese all’ultimo anno di formazione”. Oltre alle problematiche remunerative, l’articolo in questione denuncia “la mancanza di finanziamenti pubblici a strutture di accoglienza per disabili e la liberalizzazione delle strutture per bambini nella fase prescolastica”.
La segreteria del sindacato studentesco ci ha informati dell’invio di una lettera alla Divisione della formazione professionale e al DECS, con la quale vengono richiesti dei chiarimenti riguardo alla situazione di cui sopra. Convinti della necessità di fare piena chiarezza su questo grave fenomeno di sfruttamento delle e dei giovani in formazione e ritenendo i quesiti posti come di pubblico interesse, chiediamo al Consiglio di Stato:
1. Al momento esiste un regolamento che disciplina le formazioni pratiche nel settore sociosanitario e assistenziale? Se sì, in quale misura viene applicato e come viene fatto rispettare?
2. Al fine di tutelare gli stagisti e le stagiste, affinché non vengano sfruttate e impiegate flessibilmente per il loro costo nullo, la Divisione della formazione professionale ha mai pensato di inserire un minimo salariale adeguato all’anno di formazione?
3. Come viene regolamentato il versamento del salario o dell’indennità agli studenti che seguono una formazione pratica? Qual’è il meccanismo che disciplina tale pratica?
4. Secondo i nostri iscritti, gli stagisti non ricevono alcuna indennità dalla scuola bensì un salario direttamente dall’istituto di impiego, contrariamente da quanto detto nell’art. 29b cpv. 1 del Regolamento delle scuole professionali. Corrisponde al vero? Come si giustifica tale pratica?
5. Sempre secondo l’art 29b cpv. 1 del suddetto regolamento, il Consiglio di Stato definisce l’ammontare dell’indennità versata agli stagisti. Come può controllare il Governo simile pratica, se non esiste alcuna indennità e viene versato un salario direttamente agli studenti?
6. Ad oggi esiste uno strumento con il quale la Divisione possa verificare che la qualità della formazione pratica sia sufficiente e rispetti le esigenze formative del discente?
7. Secondo quali criteri la Divisione ritiene idonea una struttura per l’accoglienza di uno/a stagista?
8. Al momento esiste una figura indipendente, sull’esempio dell’ispettore di tirocinio, alla quale gli studenti in formazione possono consultarsi in caso di abuso o scarsa qualità della formazione pratica?
9. Gli studenti lamentano una scarsa attenzione da parte dei docenti alle esigenze formative per quanto riguarda la preparazione agli esami. Oltre a ciò dichiarano di avere un carico di lavoro eccessivo, tra formazione pratica e scuola, nei giorni che precedono gli esami. La Divisione come pensa di ovviare al problema?
Con la massima stima
per il Partito Comunista (PC)
Massimiliano Ay