Gli imprenditori che hanno promosso questa ricognizione sono convinti della necessità di promuovere la creazione di valore, di stimolare la capacità degli individui, di perseguire l’etica del lavoro. Ritengono quindi l’attuale sistema dannoso, soprattutto se applicato ai giovani, disincentivando i sussidiati ad assumersi le necessarie responsabilità. Propongono una revisione della LADI nella direzione di aiutare chi ha reali necessità e scoraggiare chi, semplicemente, approfitta. Così ci racocnta la prima slides che ci mostrano e via via altre, tipo il costo annuale in Svizzera della disoccupazione, 6,5 miliardi di cui il 25% solo per i costi amministrativi per gestire il tema della disoccupazione. Una serie di slides unilaterali, vista dalla parte degli imprenditori, dove la parola predominante è “produrre valore”. Velata accusa ai disoccupati che sembra se ne approfittino, notifica di conflitto di interesse verso i sindacati e le casse di disoccupazione. Una legge, a detta del relatore sig. Marco Silvio Jäggi, che non è adeguata ai tempi. Una semplice esposizione di dati, senza concrete proposte se non quella, sempre velatamente, di essere severi con i disoccupati, in maniera di abbassare i costi di tutto l’argomento. Dalla sala le suggestioni, a volte polemiche anziché provocatorie, dove venia osservato che non tutti i giovani sfruttano i periodi di disoccupazione, facendo anche notare come in Ticino, diversamente ad altri cantoni su 220000 posti di lavoro, ben oltre 65 mila sono frontalierato, segno evidente che qualcuno li assume e che molti posti creati ultimamente, di cui il Governo ne va fiero, siano praticamente lavori a tempo ridotto e femminile. Probabilmente non è questa la strada per valorizzare le eccellenze. Altri dati per dire che le sanzioni ai disoccupati in Ticino sono nettamente sotto la media Svizzera, che i giorni di disoccupazione in Ticino siano nettamente più elevati della media Svizzera e altri dati a conferma come il Ticino sia messo male. Dati forniti dai vari uffici competenti, che meriterebbero ben più approfondita analisi, laddove sia la classe imprenditoriale che la classe dei lavoratori, dovranno trovare un luogo comune per risolvere questo problema del lavoro che esiste in tutta la sua gravità. Sensibilizzare è certamente importante, ma poi, chi sensibilizza deve anche saper proporre soluzioni affinché questo stato in essere possa venir migliorato. Se dovessimo andare ad ampio respiro, la scuola stessa ha le sue colpe, il sistema dell’orientamento professionale è lacunoso in molti frangenti, la classe imprenditoriale mira alla redditività tout court invece di valorizzare la persona affinché possa conseguentemente creare valore eticamente sostenibile. Va dato merito di avere sollevato la tematica, che dovrà essere affrontata con approcci ben differenti da quello puramente economico-reddituale. Di proposte concrete, questa mattina non ne sono emerse, se non quello di delegare la tematica ai nostri rappresentanti politici a Berna.
Noi siamo certi che sebbene vi siano approfittatori di un sistema che non eccelle, di certo la maggior parte delle persone in disoccupazione lo sono non per loro volontà ma per effetto e conseguenza di comportamenti imprenditoriali a volte discutibili. Ritorniamo a sottolineare che se vi sono oltre 65mila frontalieri, qualcuno li ha chiamati, penalizzando il mondo lavorativo sul territorio, dando e creando valore all’imprenditoria ma portando minus valore e problematiche sociali gravissime alla comunità.
Non per nulla affiorano sempre più numerosi i casi di posti di lavoro non retribuiti come da regolamento e atteggiamenti contrari all’etica, sfruttando una situazione di disperazione dei lavoratori residenti e non per ottenere prestazioni lavorative superiori al consentito. E’ chiaro che alla classe imprenditoriale, che investe propri mezzi, bisogna metterli in condizioni quadro di poter operare eticamente, in quanto importante categoria per il benessere generale. Bisognerà aprire gli occhi e punire severamente in egual misura imprenditore che “slaloma” la legge come anche il lavoratore che approfitta di quello che la legge permette. Una maggiore coscienza da entrambi le parti potrebbe portare a risultati ben più concreti che il semplice notificare unilateralmente una situazione che sembra non essere più adatta al tempo odierno. Per far questo e raggiungere a breve termine dei risultati concreti a beneficio del benessere generale della popolazione, sarà importante che tutti gli attori compiano un esame dettagliato del proprio operare, eventualmente correggendolo laddove sia possibile per ritornare alla pace del lavoro che ha creato il benessere di cui oggi tutti ne andiamo fieri e che è messo in serio pericolo. (ETC/rb)
