Iniziamo dalla squadra che tra le due sembra avere meno problemi e che veleggia ai vertici della classifica, per quel che può contare la classifica durante la stagione regolamentare. L’unica cosa che conta è arrivare freschi e non acciaccati nelle prime 8 per poter giocarsi il titolo di campione. Il Lugano è in questa situazione con alcuni problemini che dovranno essere sistemati. Alcuni vuoti in pista per 5 minuti permettono agli avversari di rientrare in partita se non di vincere la partita, il sistema d’attacco poggia unicamente su uno spettacolare e redditizio Petterson (miglior realizzatore di tutta la lega) e di un funambolico Klasen che da soli valgono il prezzo del biglietto. A lungo andare il Lugano non potrà appoggiarsi solo a questi due straordinari giocatori, ma necessita l’apporto degli altri, tipo Filippula, Walscky, Mc Clean e i giovani bianconeri che hanno i numeri per non sfigurare. Il Lugano non dà ancora quella consapevolezza di entrare in pista e dimostrare la propria superiorità verso l’avversario. Sulla carta il Lugano è squadra che può giocarsi fino in fondo il titolo di campione. Punto forte della difesa il portierino Elvis che molte volte è riuscito con i suoi interventi, a consegnare la vittoria ai bianconeri. Non così si può dire di Manzato, che para molto bene ma quasi mai è protagonista assoluto per far pendere la bilancia sulla vittoria della propria squadra. La difesa. In questo reparto i problemi maggiori dove i senatori Hirschi e Vauclair fanno vedere tutta la loro anagrafe, con Pargay che non sembra spumeggiante come all’arrivo a Lugano e da oggi l’innesto dei nuovi giovani acquisti che dovrebbe garantire, a fianco dell’esperienza dei senatori, la focosità dei giovani. Questo Lugano va ancora registrato ma di certo potrà regalare tantissime belle soddisfazioni ai suoi supporter che sono ritornati in massa alla Resega. (I paragoni sono difficili, consideriamo quante opportunità di svago ha la popolazione di Lugano che oltre 5000 tifosi educati allo stadio sono un risultato estremamente positivo).
Salendo in Ticino, al freddo di Ambri dove qualcosa sembra non ingrani più e parliamo di finanze in rosso profondo e dove in situazioni simili è difficile poter pianificare il futuro immediato, immaginiamo il futuro prossimo. I giocatori, anche se non lo dicono, ne risentono di questa situazione e lo dimostrano in pista con poca convinzione in molti interventi. Un roaster quello Leventinese che al nastro di partenza sembrava addirittura migliore di quello fantastico della passata stagione, ma che con il passare del tempo si è rivelato un flop, in particolare con degli stranieri che non fanno il compito per il quale sono stati chiamati. Troviamo un Grassi e un Bianchi in forma smagliante e una certa stampa che si sofferma unicamente sullo stop infermieristico di Pestoni. Noi non pensiamo che Pestoni sia il giocatore che permette all’Ambri il salto di qualità e sarebbe troppo semplicistico affermare che l’Ambri non gira perché non c’é Inti. Riteniamo che i giocatori devono essere chiamati individualmente a sopperire le varie assenze e le lacune tecniche che onestamente mostrano sul ghiaccio. Poi, quando questo Ambri decide di fare l’Ambri allora sono sorci verdi per tutti, anche per il primo della classe che si chiama Zurigo. Ma troppo di rado l’Ambri decide di fare l’Ambri e analizzare alcune prestazioni accampando la scusa della situazione finanziaria sarebbe riduttivo e poco onesto per quelli che si impegnano, e noi siamo certi che l’impegno non viene meno a nessuno. Quando le cose poi non girano a dovere, alcuni screzi nello spogliatoio possono anche essere all’ordine del giorno. Ci ricordiamo il fallaccio di Duca verso un suo compagno in allenamento. Questo è di certo un segnale di insofferenza e anche di tensioni a cui l’allenatore Pelletier deve porre rimedio. Ma mai, nella storia di questo allenatore, quando vi erano problemi, lo stesso è riuscito a risolverli e sempre il tutto veniva risolto con l’allontanamento dell’allenatore. Decisione che ad Ambri risulta difficilissima, vuoi per il doppio ruolo dello stesso allenatore (una questione di risparmio? ma che può creare tensione nella dirigenza tecnica) anche perché non ci sono soldi e cambiare diventerebbe dispendioso e oneroso oltre ogni limite. Per cui spetterà ai giocatori, e forse qui riconosciamo a Pestoni il ruolo di leader, di rimboccarsi le maniche e tentare la risalita per mettersi al riparo dai Play-Out, e vedere anche il futuro un pochettino più roseo. Sappiamo che con i risultati anche gli sponsor diventano più docili e generosi.