Era l’autunno 2011 – immediatamente dopo l’annuncio della Banca Nazionale Svizzera (BNS) – quando il Partito Comunista della Svizzera Italiana (PC) allarmava sui pericoli della decisione di fissare a 1.20 il cambio Franco-Euro. Una controtendenza rispetto a tutto il panorama della sinistra svizzera, la quale spingeva (e spinge tuttora) all’innalzamento della soglia del cambio fisso a 1.40. Il nostro è un Partito in crescita e “scomodo” ed è forse per questo che abbiamo dovuto aspettare tre anni per veder raccontato dai mass-media (che non hanno dato allora alcuno spazio alle nostre tesi) quello che il nostro Partito dice ormai da tempo!
Ora non siamo più solo noi dunque a affermarlo: la decisione di fissare il valore di cambio del Franco con la moneta unica europea ha di fatto sancito l’adesione ai trattati di Maastricht ed è come se oggi la Svizzera facesse parte dell’Euro. La banca centrale di riferimento non è di fatto più la BNS bensì la Banca Centrale Europea (BCE). A causa di questa dipendenza, la Svizzera rischia tutti i giorni di vedersi portare via ingenti risorse liquide, utilizzate nell’acquisto degli Euro necessari a coprire il differenziale creatosi tra il reale cambio di mercato e quello arbitrariamente deciso da BCE e BNS. E’ proprio notizia recentissima, peraltro, la decisione della BCE di procedere con un’ulteriore svalutazione dell’Euro, la quale può potenzialmente portare la BNS a dover acquistare sul mercato finanziario più Euro per mantenere invariato il cambio fisso. Alla faccia dell’indipendenza, della neutralità, della democrazia semi diretta e dell’anti-europeismo …di destra!
L’avvertimento odierno dell’ormai ex-banchiere Oswald Grübel (già CEO di UBS) manca però d’analisi. Il PC metteva allerta già allora dei problemi – che in parte si sono realizzati e di altri che rischiano di presentarsi in futuro – di quest’operazione. De facto, la fissazione del cambio porta inevitabilmente la Svizzera ad assumersi i rischi di una débâcle (tutt’altro che scongiurata) dell’Unione Europea, diventando così una sorta di fondo salva-Stati europeo. Questo aspetto porta con sé il pericolo di una forte perdita di potere d’acquisto da parte della popolazione elvetica e può potenzialmente causare grosse perdite nei bilanci della BNS, la quale non sarà più in grado di distribuire i dividendi che (quasi) abitualmente distribuisce a Confederazione, Cantoni e Comuni. Meno entrate per lo Stato che – constatando i rapporti di forza nel paese – si rifletteranno in una diminuzione delle prestazioni sociali per il cittadino più debole.
Inoltre l’ex CEO di UBS non spiega ai cittadini perché la BNS ha dato il via a questa operazione. Fondamentalmente per le pressioni internazionali mosse dai principali centri economici capitalistici – gli USA padroni della moneta internazionale di riferimento (in crisi) e l’UE capitanata dalla Germania. Con il suo rafforzamento, il Franco aveva consolidato la sua posizione di bene rifugio di grande valore, limitando gli spazi al Dollaro e all’Euro sul mercato finanziario internazionale. Da qui dunque le pressioni per cercare d’indebolire il Franco: una mossa tutta a favore dei grandi monopoli internazionali a discapito delle fasce più deboli della popolazione (e non solo: anche il ceto medio con i suoi risparmi si è impoverito). Non è affatto una casualità che i valori di queste due monete si siano alzati dopo la fissazione del cambio Franco-Euro.
La manovra della BNS non era quindi da leggere – come sbandierato anche dai socialisti e dai sindacati – come soluzione ai problemi dell’industria d’esportazione svizzera. Quest’ultima, ricordiamolo, è composta da prodotti ad alto valore aggiunto, difficilmente sostituibili sul mercato internazionale, e quindi non marcatamente soggetti ai tassi di cambio.
Il Partito Comunista della Svizzera Italiana ci tiene ad allertare nuovamente sul possibile “bombardamento di Dollari” – dovuto all’abbandono sempre più marcato del Dollaro quale moneta di riferimento degli scambi internazionali – che potrà colpire con tutta la sua forza la Confederazione nei prossimi tempi, ed invita la comunità accademica e i politici nostrani – vista anche la crisi della piazza finanziaria ticinese – ad una tavola rotonda per capire gli scenari e gli sbocchi possibili alla crisi internazionale acutizzata in Svizzera dalla scellerata decisione della BNS.
Partito Comunista della Svizzera Italiana
http://www.partitocomunista.ch