Ci uccidete per imporre la vostra civiltà di plastica. Ci uccidete con ipocrisia, camuffando il genocidio con il pretesto di quella natura che state distruggendo e del lupo elevato a bandiera. Sta nevicando: neve di febbraio, pesante, neve che già sente la fine dell’inverno. Pochi chilometri più a valle è già pioggia; qui è passato stanotte tardi lo spazzaneve, ma ora si sale solo con le catene. Le stalle sono piene di agnelli: belli, grassi, sono già agnelloni oltre i trenta chili, ma quest’anno nessuno riesce a vendere … la crisi, l’importazione? Intanto nelle stalle pecore e agnelli mangiano. Fuori del giro dei pastori nessuno si accorge di niente. L’altro ieri ho parlato con un pastore: un gregge di una cinquantina di bestie adulte, la passione che lo teneva vivo per continuare e gli chiedo: “Come vanno le bestie?” mi risponde: “Ne ho caricate 82, le ho tolte tutte, basta! Non vendi più un agnello; d’estate l’alpeggio, d’inverno il fieno, il lupo, la burocrazia che ti mangiano. Ho chiuso tutto”. Un’altra sconfitta!
Pian piano questa società ci sconfiggerà tutti, chiuderà la montagna, ne farà un grande parco da sorvolare con gli elicotteri, “eliturismo”, per posarsi sulle punte a guardare dall’alto il presepio delle borgate abbandonate. Questo sarà fra poco la nostra montagna! E intanto; il lupo! Povero lupo, il simbolo ecologico e della coscienza sporca di tanta gente, “salviamo il lupo”.
La Stampa di mercoledì 1 febbraio ne ha una pagina piena: non una parola sui pastori, su chi vive e mantiene viva la montagna. Chi scrive, chi protesta, chi difende il lupo e le teorie ecologiste sta in città, ha lo stipendio assicurato, tanto tempo libero per farsi sentire e magari è anche vegano per sentirsi la coscienza pulita. Noi pastori, allevatori, gente di montagna siamo quassù a presidiare il territorio, a mettere in pratica quotidianamente l’ecologia (ecologia deriva da oikos che significa “casa”). Noi difendiamo ogni giorno la nostra casa, il nostro paese e il nostro ambiente. Ma di noi nessuno si ricorda, diamo perfino fastidio, siamo pietra d’inciampo. Noi, gente della montagna, che da secoli su questa terre scomode, abbiamo saputo creare una cultura, una sapienza di vita per sopravvivere in un ambiente ostile. Noi con la nostra storia, la nostra lingua, non contiamo niente: l’economia e la politica hanno deciso così. Viviamo ormai quassù ogni giorno con una malinconia e un’inquietudine dentro che ti spegne ogni entusiasmo e ogni voglia di combattere. Ci state massacrando. È un nuovo genocidio della montagna, fatto senza sporcarsi le mani.
Ultima bandiera il lupo.
Anna Arneodo